Tit.or.: Pirmdzimtais. Lettonia 2017. Di Aik Karapetian.
L'apparentemente mite
Francis, “il tipo dell'intellettuale” si sarebbe detto una volta,
smilzo e con gli occhiali, è sposato con la bionda Katrina, donna
onestamente più affascinante di lui. Una notte, rincasando, la
coppia subisce l'aggressione di un silente ragazzo in moto, che
molesta la donna senza che il marito riesca a evitarglielo: ci prova,
ma viene steso. Dopodiché, chi non digerisce l'accaduto non è lei,
ma lui, che si interroga sul suo ruolo, l'efficienza, i doveri di un
maschio accoppiato che vuole continuare a farsi amare. Tanto da non
resistere e andare a scovare e affrontare l'arrogante delinquente,
provocandone però senza volerlo la morte. Tace l'accaduto, ma dubbi
e gelosie, come quella per l'amico poliziotto di lei, non gli
passano. Forse il tizio non è morto. La situazione di coppia si fa
tesa, nonostante lei sia incinta. Francis sente di dover fare ancora
qualcosa.
Firstborn “scava
[…] nelle paure maschili”, come scrive la sinossi sul programma.
Lo spunto in effetti è notevole e allettante: e parliamone un po',
di questo essere maschi e dei fardelli che comporta, nel rapporto con
l'altro sesso o meglio, nella triangolazione con gli altri, di
maschi. Perché si sa, l'uomo che possa dirsi tale deve essere in
grado di proteggere la sua donna e tenersela, oltre che occuparsi dei
problemi come da patto neanche tacito (che la moglie rammenta al
protagonista), mentre incombono maschi apparentemente più virili e
prestanti (e quindi attraenti, pericolosi) intorno, compreso qui un
aggressore virile nel fare più o meno quello che vuole – e quel
che non gli riesce e non fa, agli occhi di Francis lo fa lo stesso: e
vai di incubi in cui l'altro si stringe in amplesso con la sua donna
– .
Peccato quindi che questo
film proposto in “After Hours” sia parzialmente deludente. Chiaro
(sin troppo?) fin dall'inizio nel girare intorno al tema centrale,
tra allusioni e simbolismi (lo spettacolino in maschera, la statuetta
del “guerriero inadempiente”, il credibile racconto di lei
sull'ex corteggiatore), prima di arrivare al fattaccio, è
promettente come minimo fino a quando il protagonista va in solitaria
a ritrovare l'aggressore. Più avanti però, da quando Francis che
ormai sta perdendo la padronanza di sé spinge la moglie ad
andarsene, il film perde qualcosa. Il reale, il simbolico, il
paranoico si mescolano in modo un po' frustrante (tra l'aggressione a
lui, la richiesta-ultimatum di lei “O quell'uomo o il nostro
bambino”), la regia continua a cercare estetismi (l'appartamento in
rosso, durante la seconda aggressione alla donna), e la fruizione
risulta appesantita. Firstborn va
in una direzione più o meno horror, atmosferico, cupo anche se
talora innevato; la regia però non marca particolarmente il genere,
nonostante cerchi la densità con movimenti di macchina lenti o
avvolgenti, e bassi in colonna sonora. In definitiva il film
si spinge fino in fondo, però lasciando qualcosa di amaro in bocca
per la piega presa: forse si sarebbe visto più volentieri uno
sviluppo diverso, thriller ma dal guscio più realistico.
A.V.
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