Francia 2017. Al cinema dal 6 settembre.
Warning: il seguente pezzo può contenere anticipazioni su snodi e finale del film, tali da comprometterne la visione a chi ancora non lo conosce.
Jen si trova nel bell'appartamento dell'amante. È molto carina, provocante, veste succinta ma non per questo si concede a tutti. Si presentano due amici dell'uomo, ceffi non da piena fiducia, perché i maschi hanno intenzione di andare a caccia, sui loro veicoli, nei pressi del Grand Canyon in cui si trovano. La ragazza fa quel che sembra saper fare, intrattenendo e stuzzicando i tre con una danza al limite del rapporto sessuale, mozzafiato. Il giorno seguente uno degli “amici” vuole soddisfare il desiderio acceso, e forza la ragazza a un rapporto – il terzo uomo è un ciccione che si limita a non difenderla. Quando Richard, l'amante, torna, la sua volontà si rivela quella di mettere a tacere tutto, per evitare ogni grana. A costo di eliminare Jen. Così però si crea una grana ulteriore, perché lei non muore. La caccia degli uomini cambierà obiettivo, ma la fanciulla, passo passo e con buona pace della frustrazione degli altri, ha intenzione di ribaltare i ruoli di cacciatori e preda.
Jen si trova nel bell'appartamento dell'amante. È molto carina, provocante, veste succinta ma non per questo si concede a tutti. Si presentano due amici dell'uomo, ceffi non da piena fiducia, perché i maschi hanno intenzione di andare a caccia, sui loro veicoli, nei pressi del Grand Canyon in cui si trovano. La ragazza fa quel che sembra saper fare, intrattenendo e stuzzicando i tre con una danza al limite del rapporto sessuale, mozzafiato. Il giorno seguente uno degli “amici” vuole soddisfare il desiderio acceso, e forza la ragazza a un rapporto – il terzo uomo è un ciccione che si limita a non difenderla. Quando Richard, l'amante, torna, la sua volontà si rivela quella di mettere a tacere tutto, per evitare ogni grana. A costo di eliminare Jen. Così però si crea una grana ulteriore, perché lei non muore. La caccia degli uomini cambierà obiettivo, ma la fanciulla, passo passo e con buona pace della frustrazione degli altri, ha intenzione di ribaltare i ruoli di cacciatori e preda.
Protagonista Matilda Lutz
già vista (fingiamo) ne L'estate addosso e
scritto e diretto da una donna, Revenge è
uno dei film che più si sono segnalati nella sezione “After Hours”
e che più ha fatto “prendere bene”, come si suol dire, gli
spettatori in vena di qualcosa di forte. Coralie Fargeat sfoggia un
approccio “cool” a una storia che è all'incirca quella di un
classico rape & revenge.
Il film è una caramella per lo sguardo, inclusi gli stessi
titoli, sparati a caratteri enormi a riempire lo schermo. Ma a parte
questo, non è tanto il “cosa” a rendere il film riuscito, bensì
un “come” in cui c'è di più. Perché a meno di non fare i
ragionieri della sceneggiatura anche qui, e
accettando l'andare sopra le righe e l'implausibilità di snodi come
la sopravvivenza di una protagonista che dovrebbe decisamente essere
morta, quel che si vede è un esordio nel lungo con una padronanza
registica piena, a conti fatti clamorosa, sia per quanto riguarda la
messa in quadro, in panoramico (esempi pescabili: quella luce riflessa
nello specchietto da lontano, o Richard seduto sul sofà,
momentaneamente e per poco da solo), che nella suspance e l'azione
connaturate a una storia essenziale e selvaggia. Si diletta con un
occhio di riguardo per il corporale (vedi l'insistenza sulle ferite,
come nel lungo passaggio di lei che si cauterizza e riprende nella
grotta – meno riuscito, subito dopo, il delirio che la vede passare
da un incubo all'altro – ) e il repulsivo (una mela marcia, il
particolare di bocca masticante), ma su questo comunque si tornerà
fra poco.
Film di una donna, su una
donna che si difende e vendica di alcuni uomini, nelle parole della
regista vuole “simbolizzare la mutazione di un certo modo di
rappresentare la donna al cinema”, agganciandosi a una tendenza in
corso e, fortunatamente visto il risultato, con un vestito di
genere molto robusto. Jen “troieggia”, ma per un tempo
limitato; tempo che un uomo non rispetta, l'onda lunga della sua
eccitazione richiede di essere soddisfatta. Perché adesso no? E
perché io no?, chiede il violentatore. Quello che invece
sembra il maschio alpha ma rassicurante, si rivela presto il più
bastardo e freddo di tutti, in un modo quasi caricaturale (le
reazioni, a muso e pugni duri, alle titubanze del “responsabile”),
perché tutto va coperto e al gabbio non ci si vuole andare, punto.
Mentre tra i due compari, di cui lo spettatore diffida da subito, lo
stupratore prende presto paura, non vorrebbe partecipare alla
“ricerca” e ha rimorso, mentre l'altro, meno rilevato, fa una fine da film dell'orrore. Essendo tutto già
abbastanza “femminista”, comunque, quel “Le donne non devono
opporre resistenza!” che è l'ultima cosa a uscire di bocca al
personaggio dell'amante suona superfluo.
I personaggi fanno un
giro completo, da fighetti a ferini – la rinascita di lei a
“eroina” passa anche per un marchio sulla pelle, che però, con
riuscita ironia, è quello casuale di un'aquila su una lattina di
birra – e, per quanto riguarda la coppia iniziale, da vestiti con
cura a nudi o quasi. E il cerchio si va a chiudere dove tutto è
cominciato, tra salotto e corridoi di un appartamento chic, che va a
lordarsi di sangue. Ecco, Revenge è un film sanguinoso, prima
che violento – la violenza sessuale è appena mostrata, quello che
conta è come ci si arriva, con le frasi melliflue maschili – . Dai
corpi il sangue scorre copioso, e c'è quel passaggio del tizio che
si estrae il vetro che è deliberatamente, divertitamente sadico,
prima della seria resa dei conti dove sul sangue persino si scivola.
Cazzuto, anzi: figo.
A.V.
Nessun commento:
Posta un commento