domenica 26 luglio 2009

Comunicazioni di servizio. PAUSA

Il blog si prende le ferie. Il prossimo aggiornamento è previsto per il 16 agosto. Non dimenticatevene!
A.V.

Comunicazioni di servizio. UN'ESTATE AL CINE



L'estate è il periodo più spinoso per il cinema in sala in Italia. E' vero che siamo il paese del sole e del mare e certuni vanno al cinema consultando il termometro (inverno sì, se fa caldo no), ma è anche vero che la gente non va in ferie in massa negli stessi giorni. Tuttavia questa estate 2009 non sembra aver fatto passi avanti rispetto alla precedente. Restando ai blockbuster, se Terminator: Salvation è uscito un poco più cautamente a inizio giugno, gli unici film grossi su cui si è puntato sono Transformers-La vendetta del caduto, uscito il 26 giugno e il sesto Harry Potter a metà luglio. Se il primo ha avuto un buon riscontro e sta sui 7 milioni di euro, il secondo ha fatto veramente il botto e in pochi giorni ha raggiunto i 9 milioni. Certo, un botto piuttosto prevedibile visto lo smodato numero di cinema che lo proiettano, con la un pò deprimente occupazione di più sale nei multisala, ma superiore alle attese. L'estate cinematografica italiana sembra riprodurre in grande la tendenza solita, ovvero la sproporzione di incassi tra pochissimi titoli ben lanciati e il resto: il box office del weekend del 17 luglio (fonte: mymovies.it) è in questo senso impressionante, col maghetto occhialuto che fa 4 milioni 821 mila euro e distanzia il secondo film, il sequel di Transformers, di circa 4 milioni 600 mila euro.
Torniamo un attimo indietro per una veloce panoramica su cosa è stato mandato nelle sale ultimamente. Il 12 giugno è uscito il nostro blockbusterino, il vanziniano Un'estate ai Caraibi che nel tentativo di bissare il successo del cinecocomero 2008 cambia appena appena titolo e locandina, ma il film non sfonda, galleggiando ora sui 3 milioni e mezzo di euro. Nella stessa settimana escono il desaparecido Martyrs, durissimo horror che la Cde ha spostato e rimandato più volte per poi farlo uscire in pochissime copie, I love Radio rock che vivacchia ancora ma con un incasso totale modesto, il nuovo film su Ken il guerriero che forse con più coraggio distributivo poteva fare di più, visto lo status di culto del personaggio, e Sacro e profano di Madonna, che nonostante il suo nome ha attirato pochi. Il 19 giugno da segnalare due film che reggono ancora, l'inaspettato successino della rocambolesca commedia Usa senza divi Una notte da leoni e il pregevole Coraline di Neil Gaiman in 3D; la settimana dopo invece, a fianco del colosso Transformers di Michael Bay c'è "robetta": Crossing over con Harrison Ford, Anamorph, Ritorno a Brideshead. Il 3 luglio l'avventuroso vichingo Outlander che però sta ottenendo un incasso stentato, e la commediola Usa La rivolta delle ex che invece qualche euro in più riesce a farlo. Velo pietoso invece su Miss marzo e Il superpoliziotto del supermercato. Come si nota c'è una certa presenza di commedie statunitensi, ma a qualcuna va bene e a qualcun'altra proprio no.
Infatti il 10 luglio escono quasi inosservati la college commedia con fonte letteraria St. Trinian's, Una notte con Beth Cooper, diretto dal redivivo Chris Columbus e con la divetta dal cognome per noi imbarazzante Hayden Panettiere, e Adventureland, la cui distribuzione modesta può poco contro una colonna sonora d'impatto. Dopo Harry Potter, sbarcano in sala la commedia Ghost town e alcune pellicole che hanno a che fare con la musica: Soul man riesce ad entrare nei primi dieci, non ci riescono invece Notorious, biografia del rapper forse non notissimo da noi Notorious BIG, nè Obsessed con Beyoncè, che tutto è fuorchè una garanzia al botteghino. Il 3D dopo Coraline e la porta magica torna per chi se la sente di vedere e sentire i Jonas Brothers in concerto, mentre il mese si chiuderà con l'Eddie Murphy di Immagina che e John Cena nell'action 12 round. Il primo weekend di agosto sembra offrire soltanto Flash of genius con Greg Kinnear, dopodichè si vedranno il francamente poco attraente Sex movie in 4D e il remake de L'ultima casa a sinistra. Il 21 agosto S Darko, seguito di Donnie Darko di cui già impazzano i trailers radiofonici (invero imbarazzanti), l'horror mainstream The haunting in Connecticut e Shorts, film "per ragazzi" di Robert Rodriguez da noi ribattezzato, per essere banali e piani, Il mistero della pietra magica.
A fine agosto l'estate cinematografica è decisamente agli sgoccioli, infatti solo qui ritroviamo un'altra uscita grossa, L'era glaciale 3, affiancata da altre cose tra cui van segnalati, sempre per la creatività dei nostri titolisti, Fa' la cosa sbagliata, titolo che ribattezza The wackness richiamando un vecchio film di Spike Lee, Cheri di Stephen Frears con una Michelle Pfeiffer cortigiana e Smile, horror diretto da un italiano. L'Italia lungo l'estate, oltre ai Vanzina? Nulla se non La donna di nessuno e Tutti pazzi per Linda, titoli, al di là di un giudizio critico, già condannati a incassi miseri. Questo è quanto, a voi la scelta se andare al cinema, boccheggiare in città o andare in spiaggia aspettando settembre.
Alessio Vacchi

Tra pagina e schermo. L'ESORCISTA


Usa 1973. Su dvd Warner.
Warning: il seguente pezzo contiene anticipazioni sulla trama e sul finale che possono compromettere la visione a chi non conosce il film ed intende vederlo.

Esprimendosi in merito alla trasposizione cinematografica del suo romanzo più famoso, William Peter Blatty ha spesso lamentato la scarsa fedeltà del film al testo ispiratore (“Io non volevo tutte quelle teste che giravano e il vomito!” dichiarava l’interessato). Eppure, tanta acredine parrebbe ingiustificata, almeno a prima vista. A parte il fatto che il romanzo era infarcito di effettacci anche più cruenti di quelli mostrati nel film, i personaggi e la trama risultano abbastanza simili; e allora, come spiegare l’ostilità di Blatty? Forse, la chiave di lettura sta nel diverso approccio dello scrittore e di Friedkin alla materia trattata. Blatty ha studiato dai Gesuiti, è un cattolico convinto ed è evidente che l’aspetto teologico della vicenda narrata lo interessava non poco; Friedkin è decisamente più provocatorio, la sua visione del Male ha un taglio più laico (in un certo senso lo spirito di The Exorcist “Friedkin version” aleggia anche nel suo Cruising, thriller metropolitano dove il Maligno può avere le fattezze banali di un maniaco omicida e arrenderesi al Peccato potrebbe risultare, in definitiva, meno rovinoso del previsto) ; e che la problematica cattolica sul tema della possessione diabolica lo toccasse poco sembra confermato dall’eliminazione, in fase di montaggio, di numerosi dialoghi sull’argomento (dialoghi recuperati della director’s cut, che per certi versi si avvicina più al progetto originario ideato da Blatty).
Svanisce l’ambiguità sul destino di Padre Karras (nel romanzo il motivo del suo suicidio è suggerito, nel film mostrato senza troppi giri di parole), quasi a confermare che la decisione di sacrificare la propria vita per salvare l’ossessa vada inquadrata, nel film, come un gesto umano più che dettato dalla fede. Non il sacrificio di Cristo sulla croce per la salvezza delle anime, ma il gesto disperato e consapevole di un uomo che aveva smarrito le proprie convinzioni e realizza quanto la salvezza di una bambina innocente possa riscattare più errori di percorso rispetto a tanti dubbi esistenziali e interrogativi destinati comunque a non trovare risposta. Un uomo d’azione, più che un mistico; un personaggio controverso e tuttavia ricco di umanità, che non si può non ammirare e forse amare (la director’s cut del film recupera il finale originario, che lasciava trasparire l’inizio di una malcelata amicizia fra il tenente Kinderman e Karras, stroncata sul nscere dalla fine prematura di quest’ultimo). In sostanza, Friedkin si trova sulla stessa lunghezza d’onda di Kinderman, nell’individuare il mistero del Male: siamo noi l’Angelo caduto, e i tentativi di arricchire la nostra vita con sentimenti puri di fronte a tanto orrore rappresentano l’estremo tentativo di ricongiungerci all’Assoluto, di trovare la pace (tale teoria viene esposta dal detective nel seguito di The Exorcist, il romanzo Legion).
Corrado Artale

domenica 19 luglio 2009

Incompresi. AITANIC


Italia 2000.

Giuro che ti amo, 1986, dovrebbe essere l'esordio alla regia dell'allora caschetto d'oro Nino D'Angelo. In realtà il film era stato diretto dall'esperto Romano Scandariato: Aitanic è quindi l'effettivo esordio di D'Angelo, che riporta sui titoli di coda proprio Scandariato tra gli aiuti regista. Non bisogna aspettarsi una parodia in toto del successo americano di due anni prima: sull'Aitanic, "la nave'll'ammore", si sale a metà film. Prima vediamo all'opera alcuni personaggi, in quel di Napoli. D'Angelo, che non è protagonista assoluto nè canta molto, interpreta Leonardo di Capri (sic), un disoccupato che si porta appresso il figlioletto, lavora mettendo i fiori al cimitero e tenta la fortuna come cantante. Giacomo Rizzo, in un ruolo consistente (come presenza in scena) anni prima de L'amico di famiglia, è capofamiglia di una congrega che tira avanti. Mauro di Francesco fa l'industriale arrogante del nord, in trasferta insieme ad una prostituta, che ce l'ha coi terroni: li ritiene tutti complici, sfaticati e pronti a rubare. Ma c'è di più: D'Angelo interpreta anche Neon, cantante neomelodico un pò fuso, del tutto lampadato e ossessionato dal telefonare col cellulare, mentre il personaggio di Rizzo si improvvisa capitano dell'Aitanic, con tanto di divisa e barba e baffi finti. La nave, separata rozzamente in una parte per ricchi e una per poveri, sostituisce al volo quella ufficiale per Capri -c'è uno sciopero-: una volta salpata, vi si delinea l'inevitabile incontro tra la prostituta scocciata dal "compagno" e Di Capri, che vorrebbe suicidarsi. Tra i punti ripresi da Titanic, però, oltre ad una canzone che cita My heart will go on e alla posa a poppa della coppia Winslet-Di Caprio, c'è anche l'incidente: "Stiamo affondando... ma c'è tempo!", tranquillizza il capitano mentre la gente cerca di mettersi in salvo sui canotti. Tutto però finirà bene non solo per la neocoppia, ma anche per il personaggio di Di Francesco che compierà un capovolgimento totale, arrivando a lodare Napoli e a definire Juve, Inter e Milan "squadre di merda".
C'è dell'ironia sulla musica napoletana: oltre a Neon con cui D'Angelo pare sfottere i "colleghi" meno dotati, vediamo Di Capri fare un provino in una losca agenzia lanciatalenti, che però gli chiede una barca di soldi. Il lavoro, il contrasto tra ricchezza e povertà e l'arrangiarsi sono temi esposti in modo anche semplice, ma in scioltezza e senza piagnistei. Aitanic è punteggiato da numeri musicali, con canzoni briose e piacevoli: c'è probabilmente l'influenza di Tano da morire, il film di Roberta Torre che D'Angelo aveva musicato poco prima. Da uno sciopero in musica (Vulimm'o posto), alla Terroni dance sulla nave che pone apertamente in sfida i ricchi e settentrionali capitanati da Di Francesco contro i poveri terroni, capitanati da Rizzo.
Il film è una piccola sorpresa, e anche senza aver visto l'intera filmografia di D'Angelo, ci si può azzardare a ritenerlo il suo migliore. Bollarlo come "trash" non serve a niente, nè significa qualcosa il Fiasco d'Oro vinto come peggior film del suo anno, perchè si tratta di un'operazione assolutamente consapevole e ironica, oltretutto non sciatta nè come messinscena nè come fotografia, nonostante la produzione sia della temibile Quality Sound (ma c'è Aurelio de Laurentiis dietro, oltre che Di Clemente per la Cdi). E un pelo troppo smaliziata per un eventuale pubblico di grado zero, quale poteva essere quello dei film di D'Angelo dei vecchi tempi: film che vengono rievocati in un flashback estemporaneo, in cui si vedono spezzoni con lui che corre, o alle prese con qualche donna. Forse un modo per non rinnegare il passato, o per non far finta che il tempo non scorra. Da segnalare infine la gag con un vù cumprà che cerca di vendere a D'Angelo la videocassetta di Aitanic 2 ("Manco abbiamo finito questo...").
Alessio Vacchi

domenica 5 luglio 2009

Io c'ero. Festival ed eventi vari. IL CINEMA RITROVATO 23, Bologna, 27/6-4/7



Il cinema ritrovato è un festival straordinario, un bagno di classici e cinema muto eccitante per ogni appassionato della settima arte. Otto giorni affollati di studiosi e appassionati da ogni parte del globo, oltre che di giovani e persino belle ragazze, nel pregevole contesto della cineteca di Bologna, col cinema Lumière e dell'ampia sala dell'Arlecchino, a breve distanza. Il programma è variegato e punteggiato da occasioni di vedere rarità, tesori di cineteca sfuggiti all'oblio. Senza contare la perfetta -sin troppo- aria condizionata delle sale. A ciò aggiungiamo anche che il catalogo del festival, così come quello della bellissima mostra allestita alla Cineteca sulle foto dai set western di Angelo Novi, costano solo 5 euro, e se ne conclude che vale la pena seguirlo.
Detto questo, chi scrive preferisce parlarne accennando solo a quanto ha effettivamente visto, nello scorcio di festival seguito. Il papà del cinema americano David W. Griffith era presente con un programma di quattro brevi film del 1909. Semplice (ma con l'utilizzo del montaggio parallelo) e drammatico The country doctor, con protagonista un medico diviso tra il curare la propria bambina e un'altra; il danneggiato A cricket on the hearth, da Dickens, la butta un pò in caciara; simpatico Pippa passes, con la religiosissima, angelica protagonista che al suo passaggio placa ogni proposito di violenza; mentre in The redman's view è messo in scena senza tanti "ma" lo sloggiamento degli indiani da parte di spicci "conquistatori", anche se con una nota morbida nel finale. Nel programma di titoli inerenti alla crisi economica, introdotti dal simpatico Eric de Kuyper, un altro Griffith dallo sguardo non morbido, The corner in the wheat, che racconta di povertà, speculazione e rincaro di prezzi: memorabile l'industrialone che rimane sepolto dal grano. L'inglese An attempt to smash a bank si incentra con toni da comica sulla crisi che colpisce un istituto. In Le trust è di scena lo spionaggio industriale, con una figura di detective privato tra le più sgradevoli e qualche ameno colpo di scena. Die borsenkonigin con Asta Nielsen è stato seguito (mea culpa) nel disperato tentativo di decifrare le didascalie olandesi, comprendendolo "a braccio": affari, amore e disperata gelosia, con una intensa (pure troppo) Asta Nielsen.
Della parziale (la produzione muta e i primi anni di quella sonora) retrospettiva di Frank Capra, Long pants, con uno dei più stupidi e fuorvianti titoli italiani di sempre, Le sue ultime mutandine, permette di vedere all'opera il comico Harry Langdon. Adulto ancora bambino, vestito in modo impacciato, che sogna di saperci fare con le donne, si imbatte nella "pericolosa" Bebe Blair per cui perde la testa. Il film spinge su lunghe e molto divertenti sequenze di comicità slapstick, come il tentativo del protagonista di far fuori la promessa sposa e quando scambia un pupazzo di poliziotto per uno vero (e viceversa). La donna di platino, sonoro, ambientato tra giornalismo e classe altolocata, ha battute efficaci, anche se il personaggio del protagonista è un poco troppo gaggio.
Le proiezioni serale gratuite in piazza Maggiore offrono modo di vedere il bel classico di King Vidor La folla, dalla regia estrosa, inaspettatamente comico senza intaccarne il lato drammatico. Maciste in vacanza, per la retrospettiva sui Macisti intepretati da Bartolomeo Pagano, è molto divertente: il gigante si presenta dal dottore affermando di essere esausto e gli sfascia un tavolo. Come in Maciste, si gioca sul metacinema: Maciste non riesce a fare vacanze tranquille perchè tutti lo riconoscono. Ama la sua automobile Diattolina, che considera come una moglie, come dice alla ragazza americana che è sì carina -pensa il gigante-, ma non efficiente come la vettura. Verso la fine il film prende ritmi da comica, con gag violente inaspettate -estrose uccisioni (non per mano di Maciste) di rivali in amore-. Per la sezione "Alla ricerca del colore dei film", La più grande avventura; vale la pena vedere un film di John Ford su grande schermo in un'ottima copia, anche se chi scrive non riesce a unirsi all'aureola di santità messa sulla testa del regista americano, che, almeno in casi come questo, fa un cinema sin troppo classico e sin troppo americano, dalle emozioni precotte. Opinione espressa con sincerità, senza la volontà di riscrivere la storia del cinema nè di provocare. Simpatica comunque Edna May Oliver nella parte della sveglia signora che si fa portare fuori col letto dagli indiani venuti a incendiarle la casa.
In conclusione, Die drei Marien und der herr von Marana aka Le tre Marie, uno dei pochissimi film sopravvissuti della ballerina e attrice tedesca Anita Berber (definita "Dea della notte" nel programma), è una di quelle chicche che però all'atto della visione annoiano un pò. Film in costume e d'amore curioso, ma pasticciato e che pare lungo.
Alessio Vacchi

Foto da http://www.cinetecadibologna.it/cinemaritrovato2009/ev/immagini.