domenica 19 ottobre 2008

Comunicazioni di servizio. PAUSA

La prossima settimana il blog probabilmente non verrà aggiornato, causa trasferta romana. Appuntamento al 2 novembre... Non è beneaugurante ma tant'è.
Alessio Vacchi

Comunicazioni di servizio. LA MINISTRA DEL FARE



Del fare che cosa? E che cosa c'entra con questo blog? Direi che c'entra, visto che bene o male si parla di cultura.
Tre cose. La prima: come si può pensare di “far ripartire il paese” dando mazzate a quel che dovrebbe costituire la base di un paese civile, l'istruzione dei giovani cittadini? La seconda: ricordo una frase detta da un ragazzo in un servizio tv, quando in Francia anni fa sembrava che Le Pen stesse per vincere alle elezioni: “Ma non è possibile! Non vedono al di là del proprio naso e così ci mettono nei guai!”. Il ragazzo si riferiva agli elettori del politico francese, ma riflettete sull'affermazione: non è estendibile a molte realtà, a politicanti, ministri, cittadini-elettori complici? La terza: più siamo ignoranti, più a qualcuno fa comodo. Ovviamente l'attuale governo, data l'esposizione mediatica ed il fatto che siamo un paese un filo contraddittorio, è al massimo del gradimento. Ma informatevi, parlatene: http://www.polisblog.it, http://www.assembleanogelmini.blogspot.com.
Alessio Vacchi

Foto da www.circeoscuola.it.

Focus on. Chuck Norris: THE OCTAGON


Usa 1980. Di Eric Karson. Su dvd Cult Media.
Warning: il seguente pezzo contiene anticipazioni sulla trama e sul finale che possono compromettere la visione a chi non conosce il film ed intende vederlo.

All'inizio del film, Scott James (Chuck Norris) ci prova con la prima delle donne che tacchinerà nel corso della vicenda. E questa fa presto una brutta fine. A dire il vero anche un'altra finirà male: che Chuck porti sfortuna come la signora Fletcher? Il problema è che sono in circolazione dei ninja addestrati per finalità terroristiche, in una apposita base sperduta in un luogo lontano, da un maestro giapponese e da un certo Seikura -divertenti le scene in cui si insegna agli “allievi” a stare sempre all'erta, facendoli cadere all'improvviso in botole o svegliandoli in piena notte, per poi rimproverarli-. Con la conoscenza di una donna che gli chiede la sua protezione perchè minacciata da questa gente, il protagonista si trova sempre più coinvolto nella questione; ciliegina sulla torta è il collega che, tira e tira, a forza di impicciarsi si fa catturare dai cattivi. Inoltre sin dall'inizio Chuck sente dentro di sé delle voci (sic) legate ad un tragico evento passato: nei flashback in rosso, vediamo lui da giovane insieme proprio a Seikura. Insomma, è anche una questione personale e bisognerà passare all'attacco di brutto, prendendo armi e bagagli ed andando sul posto.
Caso strano nel cinema di Chuck Norris, The octagon gode di un poco di considerazione critica. I re dei dizionari nostrani Mereghetti e Morandini, infatti, non ne parlano male. Bisogna ammettere che il film è preferibile ai suoi precedenti, anche se non è il caso di accostarvisi con entusiasmo. La confezione è più o meno sempre quella, ma non ci sono rozzezze particolari e la resa dei conti finale funziona quanto basta. Ad essere precisi si possono segnalare alcuni momenti più riusciti: un buon utilizzo della colonna sonora in un momento di stasi dell'inseguimento nel magazzino, un'inquietante carrellata in avanti su Seikura che si allena da solo coi nunchaku, la stessa cosa montata in alternanza a Norris che si appresta a fare all'amore con una disertrice dell'Octagon (come dire: forse è meglio stare dalla parte del “bene”...). Tra i pochi momenti ironici, da segnalare il vicino di camera che bussa per protestare dopo un rumoroso agguato di ninja. Mentre l'ultmissima immagine è quella della sagoma di Norris che si staglia su un cielo rossissimo.Il cast è impreziosito da Lee Van Cleef, nella parte di un amico agente che aiuta Norris. I due hanno qualche scena insieme, il che va a porsi tra le collaborazioni eccellenti dell'attore, come quella con Bruce Lee, o con Lee Marvin (in Delta force).
Il personaggio di Norris fa registrare una “evoluzione”: se da un lato non mancano scene di dialogo e vediamo l'attore anche in una mise composta, al termine si trova ad affrontare, sostanzialmente da solo, decine di avversari, in una manciata di minuti (prima del consueto scontro col nemico numero uno), con le doti fisiche e all'arma bianca. Non male per uno che abbiamo visto iniziare combattendo “solo” contro Bruce Lee.
Alessio Vacchi

Memorabilia. L'UCCELLO DALLE PIUME DI CRISTALLO



Il primo film di un talento ormai smarrito viene promozionato in questo flano senza mezzi termini, per far sedere lo spettatore sulla poltroncina già spaventato: non c'è scampo! Ma più curiosa ancora è la frase posta in basso. Perchè vederlo in due? Per sostenersi a vicenda vista la grande suspance? O per spifferarsi l'un l'altro nelle orecchie impressioni e sospetti sull'assassino?
Alessio Vacchi

domenica 12 ottobre 2008

Comunicazioni di servizio. VOCI


La vera esperienza cinematografica è la visione in sala, dicono i saggi. Ok: vedere al cinema e vedere sullo schermo del proprio computer sono due cose diverse. Ma c'è qualcosa che frena dal fare più spesso questa esperienza. Valga un esempio solo: sta per uscire Rachel getting married di Jonathan Demme. Apprezzato a Venezia, un film di quelli che “stanno” sui personaggi, sugli attori. Che interesse dovrei avere a vederlo ricoperto da uno strato di doppiaggio? Il fatto è che la sana abitudine di selezionare la lingua originale sul menù dei dvd rende poi più difficile tornare alla vecchia, meno sana abitudine di ascoltare il cinema doppiato in italiano. Doppiato come? Con voci mediocri ed un'atmosfera sonora che non è più quella originale, è appiattita. E adattato come? Con cambi arbitrari di battute. Non sempre, ma la questione resta.
E' da snob, è da puristi porsi questo problema? (Certo, è già tanto se alcuni utenti di videoteca non defecano sui dischi che noleggiano, ma da chi legge questo blog mi aspetto un po' di sensibilità in più). Attenzione: non è odio per la propria lingua. Penso, leggo, scrivo in italiano e mi va bene così. Ma è una più semplice questione di voler fruire al meglio del cinema, per una questione di rispetto verso sé stessi oltre che dell'opera, e di essere in condizione di poter dare un giudizio più netto su quanto si è visto. Perchè se un attore non convince, può essere colpa del doppiaggio. “I nostri doppiatori sono i migliori del mondo” è una manfrina che spesso si sente. Può darsi, ma da un lato, ascoltate oggi, le colonne italiane di cinema dagli anni '50 in giù sono spesso datate, di un impostato che poteva adattarsi ad un cinema “quadrato” come si faceva una volta ma non è invecchiato molto bene; dall'altro lato questo primato, se è vero oggi, dà di che preoccuparsi, quando già sentendo dei trailers radiofonici le orecchie si ammosciano.
Per il grosso pubblico è condizione scontata e necessaria che un film sia doppiato, per pensare di vederlo, salvo casi eccezionali come gli ultimi film da regista di Mel Gibson. Il pubblico è abituato così e vuole capire, e capire tutto. E allora ecco l'edizione italiana di Sicko di Michael Moore, doppiato da cima a fondo, voci di politici e di persone comuni comprese, come fosse un servizione di Ballarò o Annozero. E se a doppiare ci sono dei personaggi tv o calciatori che pare sappiano appena parlare, tantomeglio, diventa una cosa divertente (ogni riferimento agli scempi operati su due film di Stephen Chow non è casuale). Chi non ama il doppiaggio, che fa? Qualche cinefilo sceglie la formula: visione a scrocco in originale + al cinema doppiata (oppure cinema + in dvd più avanti), qualche altro scarica a tappeto senza incertezze. Il prezzo da pagare per voler essere onesti, per non scaricare di brutto da eMule o i torrents, e voler vedere al cinema un film straniero, è doverlo vedere doppiato. Se a qualcuno sembrano menate, provi a sentire il film/telefilm preferito doppiato in una lingua che non sia la nostra. Qualche dubbio potrebbe istillarsi in mente riguardo il doppiaggio.
Ci vorrebbe qualche sala in più che osasse non dico certo una programmazione, ma una proiezione ogni tot sottotitolata. A Torino lo fanno il cinema Massimo (e la sala, n. b., si riempie; anche se la programmazione è spesso da “seconda visione”, arriva quasi a sovrapporsi all'uscita del dato film in dvd) e il Pathè (dove però le pellicole mancano di sottotitoli). Senza augurarsi la soppressione di una categoria professionale... ma almeno invitarla a far meglio, e nella speranza di avere qualche possibilità in più di scelta.
Alessio Vacchi


Nella foto, Fanny Brice, dalla Library of American Broadcasting.

La youtubata. SPORCO BIANCO



Dal cult Joan Lui, selezionata per voi una paradossale scenetta in treno che farà accapponare la pelle a Trenitalia e ai leghisti.
Alessio Vacchi

Memorabilia. JOAN LUI



La massima espressione della megalomania di Celentano al cinema, vede la luce il giorno di Natale come Gesù bambino, e l'accostamento non è un caso. Uno dei film più deliranti del nostro cinema, ovviamente per qualcuno "capolavoro", Joan Lui non fu un successo ma comunque lo si tentò di pompare con aggettivi nemmeno menzogneri e puntando anche alla "magnificenza del Dolby Stereo" che oggi fa un pò sorridere. Così come fa tenerezza, in tempi di multiplex e di uscite in una marea di copie, vedere un film "di peso" (Celentano al cinema rendeva) uscire in giusto due sale. Quanto all' "edizione integrale", si dia un'occhiata alla scheda del film sul Dizionario dei film italiani stracult.
Alessio Vacchi

domenica 5 ottobre 2008

Comunicazioni di servizio. WE WANT YOU



Due cose per la gioia dei piccoli fans che ci seguono. La prima: un avamposto di Ultimo spettacolo sarà al festival del cinema di Roma e seguirà la manifestazione per alcuni giorni, per poi riportarne qualcosa qui. La seconda: parte una strisciante campagna di reclutamento per il blog. Sarebbe positivo far crescere Ultimo spettacolo attraverso nuovi collaboratori. Non solo per quel che riguarda il cinema, ma gente che vada qualche volta a teatro, a mostre, che legga dei libri, che sia musicofila. I requisiti sono: essere automuniti, di bella presenza e disponibili a trasferimenti. Paga: se siete di Torino vi posso offrire un caffè ogni tanto. Scemenze a parte, quel che è richiesto sono conoscenze/passione, capacità di analisi e di scrittura. Se interessati scrivete all'indirizzo paccipaccino@libero.it, mandando uno scritto di prova.
Alessio Vacchi

Incompresi. IL SEGRETO DEL GIAGUARO


Italia 2000. Su dvd 01.

A onor del vero prima di lui gli Articolo 31 avevano pubblicato Latin lover, brano in cui J.Ax e Space One si proponevano come seduttori tra lo sgamato e l'ironico buttandoci dentro un po' di cinefilia, Buzzanca compreso. Comunque: questo film con cui il simpatico rapper romano fa la sua “sfigata” toccata e fuga al cinema, è un'operazione che lascia perplessi. Perchè si tratta di una pellicola costruita intorno al personaggio di un suo brano, La mossa del giaguaro; non un film musicale (i pezzi commerciali dell'artista d'altronde sono pochi), ma una commediola. Alla regia l'attore Antonello Fassari, anche nel cast come barista. Introdotto da alcuni discorsi fatti al bar dagli amici -tra cui il rapper G Max- e da un eloquente primo piano delle mutande leopardate, il Giaguaro è “il” seduttore: agghindato in modo pesante e vistoso, le donne lo fermano per strada e lo vengono a trovare a casa, tiene un librone con tutte le firme delle conquiste, si atteggia e viene trattato da divo per questa sua misteriosa capacità. La sua filosofia è quella del godersi la vita senza lavorare (“La sera è fatta pe' ballà, il giorno pe' dormì” dice ad un amico). Ma cosa racconta il film? Seguiamo vicende relative ai conoscenti del Giaguaro. Due tizi che tentano la fortuna predicendo il futuro a pagamento col Mahjong, un aspirante rapper a cui capita un colpo di fortuna... Insomma, il primo problema è che il Piotta “non” è protagonista, se non nel titolo. Mereghetti parla di una “infilata di scenette”: il film ha un andamento episodico e non potendo contare su grande comicità o personaggi che vadano oltre la macchietta, tempo della fine e l'interesse scema. La presenza del rapper si fa più consistente nell'ultima parte. Qui entra in gioco Lando Buzzanca in un ruolo di contrappasso rispetto al suo consueto di maschio seduttore nei 70s: è un uomo impotente che non riuscendo più a soddisfare l'arzilla moglie, si affida al Giaguaro che gli organizza un rimedio svolgentesi tra le camere di un albergo.
Che ruolo ha la musica in tutto questo? Scarso: ad un certo punto il film pare prendere la piega di uno spaccato del mondo hip hop, con tanto di Kurtis Blow nel ruolo di sé stesso che si esibisce, ma il Piotta non ne pare far parte, canta La mossa del Giaguaro in un locale solo più avanti. Per il resto si sente Supercafone, un pezzo di Turi (sodale del vero Piotta) e il protagonista si esprime a volte in rima. Che ruolo ha il cinema? Il brano di riferimento cita Montagnani, Giovannona Coscialunga ecc., il film propone il recupero di Buzzanca, un paio di momenti action semiseri, il ricordo del Tomas Milian cinesizzato di Delitto al ristorante cinese e un paio di altre tracce. Si ride? Mah. Ci sono un paio di momenti talmente scemi che funzionano: una sortita del tutto estemporanea del rapper che esce da una stanza e fa l'elogio della mamma e i titoli di coda con la sua voce che consiglia mete culinarie in giro per l'Italia. Ma attenzione: non è un'operazione spudoratamente trash di recupero di “umori” della commedia sexy nostrana e non c'è un nudo che sia uno. Alla fine della fiera si tratta di una curiosità poco riuscita, consigliabile più che altro ai fan dell'artista romano.
Una possibile notazione riguardo i luoghi: c'è un pizzico di elogio della città eterna (con giro notturno in motoretta turistico) e andando più nel ristretto, la presenza del baretto coi suoi occupanti regolari (Eccezzziunale...veramente, Al bar dello sport) e dell'albergo (tipico di tante pochade sexy con scambi di camere). All'attivo va messo il recupero di Gianni Ciardo, comico barese che qui, nella piccola parte di un malavitoso a fianco di Ugo Conti, risulta decisamente migliore rispetto ai ruoli degli anni 80: viene quasi voglia di vedere un piccolo noir con loro.
Alessio Vacchi

Tra pagina e schermo. LA MORTE RISALE A IERI SERA


Italia 1970. Su dvd Ermitage (in 4:3).
Warning: il seguente pezzo contiene anticipazioni sulla trama e sul finale che possono compromettere la visione a chi non ha ancora visto il film.

I milanesi ammazzano il sabato è a tutti gli effetti un bellissimo giallo che aggiunge un ulteriore tassello alla visione scerbanenchiana del crimine inserito in una realtà banale, patetica, lontana dalla romanticizzazione di tanta cattiva letteratura. Banali i mostri che approfittano di una povera ragazza minorata e poi la massacrano; banale l’umile padre di famiglia che, da bravo meneghino, aspetta il fine settimana per compiere la sua sanguinosa e omerica vendetta perché, come tutti i bravi milanesi, dal lunedì al venerdì non si stacca dalla routine casa/lavoro. E banale il sottobosco di depravazione e malavita che ci accompagna in questa turpe vicenda. La trasposizione cinematografica di Duccio Tessari mantiene intatto il plot narrativo, prendendosi però molte libertà nella caratterizzazione del protagonista, Duca Lamberti.
Come ne
I ragazzi del massacro di Fernando Di Leo, svaniscono i trascorsi medici di Duca (era un dottore radiato dall’albo per aver praticato un’eutanasia); in cambio, la figura tormentata di un poliziotto che vorrebbe salvare il mondo ma proprio non ci riesce. Perché, da bravo sbirro tenace e moralista, non riesce a comprendere le ragioni di chi sceglie la strada del delitto. Come gli fa tristemente notare una prostituta, lui è un brav’uomo; il che non lo rende migliore come detective, anzi per certi versi lo ostacola. La sua è una crociata, quindi destinata a fallire; tormentato nella mente e nel corpo (per buona parte del film lo vediamo lottare con i fastidiosi sintomi della sinusite, che lui non cura perchè troppo preso dalla sua lotta contro il male), assistito dalla fedele Livia Ussaro (anche in questo caso, i trascorsi del personaggio letterario vengono omessi; è la sua fedele compgana, la donna con la quale lui si confida, e tanto ci basta) che gli rimprovera affettuosamente tanta trascuratezza per la propria salute e l’ossessione con cui persegue la propria utopistica missione. E’ in tutto e per tutto il ritratto ideale del commissario di ferro che popolerà tante pellicole poliziesche nostrane del decennio a venire. Magistralmente interpretato da Frank Wolff (che tornerà a vestire i panni del commissario in Milano calibro 9, quale rappresentazione dell’ottuso burocrate incapace di combattere il crimine poiché legato ad una visione borbonica e reazionaria della giustizia) questo Duca è sicuramente ben delineato ma lontano anni luce dallo spietato eppure umano clinico che sulla pagina scerbanenchiana tenta di estirpare scientificamente il male alla radice. Il Duca di Tessari non avrebbe mai compreso le ragioni del Duca di Scerbanenco, che da medico commise un reato per pietà umana; probabilmente lo avrebbe sbattuto dietro le sbarre senza tante storie. Dopotutto in Italia l’eutanasia è ancora un reato, no?
Corrado Artale