domenica 27 settembre 2009

The freak show. DNA



La tag-line italiana di questo film, “Una storia che non deve accadere” non è un granchè anche senza considerare quella originale, “Don’t mess with Mother Nature” (alla lettera, “Non fate casini con madre natura”), sebbene la maniera migliore per presentare il film di William Mesa sarebbe una semplice addizione a più fattori. Infatti, DNA (AD 1997) è fondamentalmente un frullato di idee prese da altre pellicole, su tutte Jurassic Park, Alien e Predator, anche se non mancano nostalgiche spruzzate di rambismo. Frullato, c’è da dire, neanche troppo indigesto. Ambientata nella giungla del Borneo, la vicenda racconta del dottor Ash Mattley (Mark Dacascos, action-man hawaiiano visto in tante pellicole low-budget e nel francese Il patto dei lupi), reclutato da un attraente agente del governo americano (Robin McKee) per rintracciare un suo collega, il losco Wessinger (l’attore di razza Jürgen Prochnow), con cui il nostro aveva tragicamente avuto a che fare alcuni anni prima. Raggiunto il laboratorio-fortezza del cattivissimo mad doctor, i protagonisti scopriranno che questi è riuscito a clonare una mostruosa creatura aliena da alcuni resti fossili. Unico problema: l’essere è libero ed è pure affamato.
Come già detto, il film può rivelarsi abbastanza godibile, ammesso che si riesca a superare il primo atto, noiosetto e lento. Dopodiché la storia inizia a farsi interessante: la parte centrale del racconto, la migliore probabilmente, gode di una suspense non disprezzabile e di una certa atmosfera claustrofobica, nonostante l'intensa sensazione di deja-vù. Sensazione che diviene una certezza nell'atto finale, null'altro se non una ricostruzione in economia (ma parecchie spanne più in alto di cose come Watchers 3) della già citata pellicola di John McTiernan, con Dacascos che, abbandonate le armi moderne, decide di affrontare il feroce Balacau (questo il nome della bestiaccia) solo con il proprio ingegno. Curiosamente, nonostante l'occupazione principale di Mesa siano gli effetti visivi (con credits che includono film come Rambo 3, L'ultimo samurai ed il remake di The Italian Job), le sequenze che li riguardano non sono particolarmente riuscite neanche per il 1997: ciononostante, vedere il mostro (il cui look richiama pesantemente Alien, ma si mimetizza come Predator) animato parzialmente in stop-motion lascia un nostalgico sorrisetto sulle labbra. Se siete sopravvissuti a cose come Leviathan, Creature e Detective Stone, allora DNA è il film che fa per voi.
Emiliano Ranzani

La youtubata. TRE E SOLO TRE


Un filmato breve, che ha però a che fare con la storia della tv -e non solo- italiana. Nel giugno 1995 gli italiani sono chiamati alle urne per una serie di referendum promossi dai Radicali. Tra gli argomenti, l'abrogazione delle norme per la concentrazione di più reti tv in mano a un privato, delle norme che regolano il numero di interruzioni pubblicitarie, la modifica del tetto di raccolta pubblicitaria per le emittenti private. Silvio Berlusconi e la sua Mediaset corrono ai ripari trasmettendo, prima dei film, annunci a difesa delle interruzioni pubblicitarie, in cui si fa capire che sono quelle a consentire l'imminente visione allo spettatore. Nella memoria di chi scrive, da tre i blocchi pubblicitari slittarono agilmente a quattro; in ogni caso, questa campagna pubblicitaria funzionò. Curiosa -forse per rendere un pò più "simpatico" il messaggio- la scelta dello stile, da didascalia di film muto. All'epoca andò in onda anche un vero e proprio spot istillante il timore che, con un certo risultato referendario, Mediaset con tutto quel che aveva dato ai suoi spettatori potesse scomparire.
A.V.

domenica 20 settembre 2009

The freak show. THE DEAD HATE THE LIVING!


Usa 2000. Su dvd Full Moon (regione 1).

Una stanza d'obitorio. Un cadavere sul tavolo operatorio. Una giovane dottoressa, chinandosi, si accinge a praticare una prima incisione quando il morto si rianima e l'afferra. Ma invece di divorarla, la bacia appassionatamente, subito ricambiato dalla ragazza e il tutto si risolve in una limonata dura e pura, purtroppo interrotta dalla voce fuori-campo di un regista che grida “Stop!”. Siamo sul set di un film dell'orrore girato da un gruppo di giovani cineasti in un ospedale abbandonato. I nostri lottano con i problemi e le sfide di qualsiasi set, carichi di sogni, finché non scoprono una spettrale bara nel sotterraneo del posto e decidono di usarla nel loro film: ma come scopriranno con orrore, il macabro ritrovamento è un portale per l'Aldilà, i cui abitanti sono feroci zombi affamati di carne umana.
Opera prima di Dave Parker, cineasta con una considerevole gavetta presso la Full Moon di Charles Band (non a caso produttore del film), The Dead Hate the Living! (alla lettera, “I morti odiano i vivi!”) è per i film di zombi quello che Scream è per lo slasher-movie: un'appassionata lettera d'amore carica di omaggi per i classici del genere (e, in tutta onestà, alla lunga meno fastidiosa della saputella pellicola scritta da Kevin Dawson's Creek Williamson). I protagonisti infatti nominano spesso e volentieri figure cardine come George Romero e Tom Savini, un adesivo con su scritto “Fulci Lives!” svetta sul bagagliaio di un'automobile, il malefico capo dei revenants (che pare il gemello del cantate ed in seguito regista Rob Zombie) si chiama Dr. Eibon in omaggio al Libro di Eibon di Paura nella città dei morti viventi e via discorrendo di omaggio in omaggio fino al finale che fa il verso alla conclusione de L'aldilà.
Ma contrariamente al suo più famoso analogo, il film in questione non ha goduto del medesimo successo e non solo a causa della sua distribuzione straight-to-video: per quanto la passione di Parker (anche sceneggiatore) sia innegabile e susciti immediatamente simpatia, il film è azzoppato dagli enormi limiti di budget e in più di un'occasione l'inesperienza del regista (a cui, a sentire alcuni suoi colleghi, va comunque un plauso per essere riuscito a completare la pellicola in condizioni estreme) si fa sentire. Contrariamente a quello che il titolo potrebbe far pensare, il film è lungi dall'essere un bagno di sangue e gli effetti di trucco (per gran parte del tempo limitati a due grotteschi cadaveri ambulanti) non fanno gridare al miracolo. Dopo questa prima esperienza, Parker firmerà la prima stesura dell'adattamento del videogame The House of the Dead, in seguito stravolto dal teutonico & universalmente disprezzato Uwe Boll, e avrà modo di rivalersi co-dirigendo l'apprezzato documentario Masters of Horror (da non confondersi con la più recente ed omonima serie tv) sui grandi nomi del genere. La sua opera seconda, The Hills Run Red, uno slasher-movie molto promettente a sentire chi ha avuto modo di vederlo in anteprima, è invece di imminente uscita in DVD in territorio americano: dacci dentro, Dave!
Emiliano Ranzani

La youtubata. GROQUIK


Non si finisce mai di scoprire. Questa settimana propongo un simpaticissimo spot francese, che va però un attimo contestualizzato. Prima del coniglio Quicky, attualmente campeggiante sulle confezioni di Nesquik, c'era Groquik, grosso animale "di specie indeterminata" che fa la sua comparsa, secondo Wikipedia, proprio nel 1978, anno di questo spot (che sia il suo primo?). La Nestlè nel 1990 lo sopprime, ma c'è chi ancora non si è arreso e ricorda con nostalgia il bonario ed affamato creaturone (che fosse troppo sovrappeso?): lo dimostra il sito Sauvez Groquik!, in cui non solo ci si chiede che fine abbia fatto, con tanto di petizione, ma ci si scaglia senza mezzi termini sul coniglio Nestlè, ritenuto un criminale. Potenza della pubblicità.
A.V.

domenica 13 settembre 2009

Comunicazioni di servizio. DAGLI ALLA CULTURA

La presentazione a Venezia de Il grande sogno e la relativa conferenza stampa "incazzosa", in stile Placido, han dato modo al ministro della pubblica amministrazione Brunetta di lanciare rozzi strali non solo contro il regista, reo forse di aver fatto un film "di sinistra" e "sul Sessantotto" (orrore! Però l'ha fatto tramite la Medusa di Silvio Berlusconi...), ma contro il mondo del cinema italiano tutto, sostenendo il ministro Bondi -che infatti ha approvato le sue parole- nei tagli al Fondo Unico per lo Spettacolo. Parole acide, demagogiche, che in bocca ad un ministro e non ad un uomo della strada, suonano vergognose e fanno tristezza. L'ultima cosa di cui ha bisogno il mondo della cultura in Italia sono atteggiamenti come questi da parte di chi detiene il potere. Linko l'articolo a riguardo di una "collega" che non conosco, ma con cui non posso non essere d'accordo. Sognando una classe politica, di sinistra o di destra, meno ottusa, più lungimirante (c'è lavoro dietro a un film, a un festival, a un teatro: è così difficile capirlo?) e meno impaurita da quel che può finire sotto la sfera della "cultura".
http://www.alphabetcity.it/index.php?com=editoriale&id=3638
A.V.

In sala. SEGNALI DAL FUTURO


Tit. or. Knowing.
Warning: il seguente pezzo contiene anticipazioni sulla trama e sul finale che possono compromettere la visione a chi non conosce il film ed intende vederlo.

Ancora un film sull’Apocalisse, probabilmente sull’onda delle paure suscitate dalle profezie Maya sull’avvento della fine del mondo, prevista per il 2012. Questa volta si cimenta col genere Alex Proyas, generalmente a suo agio col fantastico (a lui dobbiamo il cult Il Corvo, nonché il tenebroso Dark City). Il risultato, però, delude le peraltro magre aspettative (ma esiste ancora un film in grado di aggiungere qualcosa di nuovo sull’argomento?): ci troviamo di fronte ad un soggetto senza sorprese, che al tema delle profezie catastrofiche dettate ai bambini innocenti da forze misteriose unisce l’ufologia, assimilando il concetto delle civiltà extraterrestri al misticismo di matrice giudaico-cristiana. L’incipit è suggestivo, con la trovata del messaggio numerico infilato in una capsula del tempo; ma il pubblico mangia la foglia ancor prima che la narrazione sia giunta a metà del primo tempo, vanificando i pochi momenti di genuina atmosfera fantastica che la sapiente regia di Proyas riesce a creare.
Cage si adatta al ruolo di Cassandra dell’astrofisica che nessuno crede, districandosi fra incidenti talmente rovinosi e roboanti (smodato l’uso della computer grafica, come sempre in questo genere di prodotti) da suscitare incredulità prima ancora che paura (pigiando sull’acceleratore del grand guignol avremmo ottenuto un nuovo capitolo della saga horror Final Destination); e se l’idea che gli adulti accettino l’estremo sacrificio per tutelare la sopravvivenza delle generazioni future ha un innegabile impatto emozionale sul pubblico, la visione idealizzata di un Eden pronto ad accogliere i bambini scampati al massacro fa rimpiangere l’interpretazione cristologica di Franco Nero in
Stridulum. Fantascienza precotta per il pubblico da multiplex della domenica sera.
Corrado Artale

The freak show. HOBGOBLINS 2


Su dvd Micro Werks (regione 1).

Parafrasando il titolo di un racconto di Stephen King, A volte ritornano. “Chi?”, direte voi: ma gli Hobgoblins ovviamente! Giusto un paio di mesi dopo l'articolo apparso in questa rubrica, dove si menzionava l'inedito (all'epoca) sequel di uno dei film più brutti mai realizzati, ecco che lo stesso finalmente ha trovato modo di approdare sugli scaffali delle videoteche USA a due anni dalla sua realizzazione. Stando alle dichiarazioni del regista e sceneggiatore Rick Sloane, il copione per questo sequel era pronto già da una ventina di anni e avrebbe dovuto essere messo in scena immediatamente dopo l'infausto primo episodio, ma chi scrive ne dubita: come già accennato nel precedente articolo, Hobgoblins 2 è un film fortemente autoconsapevole, girato esattamente con le stesse, sciagurate pecche del prototipo per compiacere i tanti spettatori (esponenti della filosofia “So bad is so good”) che nel corso degli anni lo avevano eletto a cult del trash. Ed è proprio per questa scelta furbetta che, paradossalmente, Hobgoblins 2 è un film perfettamente riuscito esattamente come l'originale era un aborto di pellicola. Si tratta di una parodia? Io direi di no, anche se qualcuno alla fine viene preso per i fondelli e non sto parlando di Sloane, che sarà un incapace ma non è certamente scemo. No cari lettori, alla fine, ad essere preso in giro, è proprio lo spettatore pagante. Ma, lasciatemelo dire, è fottutamente piacevole e, d'altronde, visionare questo film implica fin dal principio il voler stare allo scherzo. Pure la trama è una fotocopia del canovaccio originale, con l'unica differenza che ora i sopravvissuti all'avventura precedente (interpretati da altri figuranti, ma poco importa) sono al college, ma per il resto è tutto stupendamente uguale, incluso il “famoso” duello con articoli da giardinaggio. A proposito degli attori, il DVD del film include uno spassoso extra in cui gli interpreti originali guardano il sequel commentando negativamente le performance di coloro che hanno ereditato i loro ruoli.
In definitiva, Sloane ne esce come un genio del marketing al pari di Herschell Gordon Lewis: esattamente come il padre del gore, è stato capace di cambiare le carte in tavola e girare la situazione a suo vantaggio... ma un momento: siete ancora qui? Che aspettate? Correte a comprare Hobgoblins 2!
Emiliano Ranzani

La youtubata. MIKE GOODMORNING


Una delle poche apparizioni cinematografiche del simpatico conduttore appena scomparso è in questo western con Milian, La vita, a volte, è molto dura... vero Provvidenza?. Chi scrive non ama questo film nè il suo seguito, western comici volenterosi ma troppo improntati ad uno spirito di patata, però va riconosciuto che questa trovata della pellicola diretta da Giulio Petroni è geniale. Forse lo sono anche molte gaffes, un pò involontarie un pò cercate, di Mike, ma noi lo ricordiamo così.
A.V.

domenica 6 settembre 2009

Memorabilia. 3.1.1967

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Un memorabilia diverso dal solito, ma non sarà un unicum. Al posto dei consueti flani, vi propongo dei "tamburini" d'epoca, in questo caso di quarantadue anni fa -la città è Torino-. Salta subito all'occhio il grande numero di sale rispetto ad oggi, con una programmazione variegata. Inutile stare a commentare oltre: cliccate sull'immagine, ingranditela e sbizzarritevi a scorrerla. Occhio a Crick e Crock.
A.V.