domenica 25 gennaio 2009

Comunicazioni di servizio. COMPLEANNO

Il blog che avete sotto gli occhi ha compiuto un anno il 20 gennaio. Nello spegnere la prima candelina di questa creatura, ringrazio i finora pochi ma validi collaboratori e invito tutti non solo a continuare a visitare il sito, ma pure a pubblicizzarlo. "E non finisce qui", "Lo spettacolo continua", "Crederci sempre arrendersi mai" ecc.ecc.
Alessio Vacchi

Comunicazioni di servizio. REQUIEM PER UN CINEMA II


In tempi recenti, la città di Torino ha visto scomparire un'altra storica sala cinematografica: l'Adua di corso Giulio Cesare non esiste più. Nato negli anni 30, decenni prima di trasformarsi in multisala il locale alternava film a spettacoli dal vivo a base di comici, ballerine, prestigiatori, trapezisti. "Gli spettacoli iniziavano alle 16 con un film, proseguivano col varietà, altri due film, nuovamente il varietà, e per concludere ancora un film"*.
Per ricordare questo locale in un modo non troppo triste, ho scovato in rete questo curioso articolo relativo ad un pezzetto della sua storia: uno sconosciuto film che, proiettato proprio lì, avrebbe dovuto fare uno scandalo... che non c'è stato. http://archiviostorico.corriere.it/1993/aprile/08/nessuno_vuol_rivestire_Maria_nuda_co_0_9304084477.shtml

Alessio Vacchi

Nell'immagine, il cinema Adua affollato nel 1941. Foto e *riferimenti storici tratti da P.Poncino, Breve storia dei cinema torinesi, Giulio Bolaffi editore.

The book runner. IO CONFESSO. CONVERSAZIONI SUL CINEMA ALLO STATO PURO


Il "cinema allo stato puro" è quello costruito per via principale dalle immagini, unite fra loro al montaggio a formare un'idea e di conseguenza una reazione emotiva nello spettatore. D'altronde, il promotore di questo concetto ostenta nelle sua parole un'indifferenza verso il contenuto, a favore della tecnica della narrazione: è con le emozioni suscitate da essa che gli interessava arrivare al pubblico.
Un anno fa è uscita, per Minimum Fax, questa raccolta di interviste al regista inglese. Una cernita di scritti che vanno, con ampi salti temporali, dal 1929 al 1974, anno di quello forse più divertente, una conversazione a tavola con Andy Warhol. E' utile l'introduzione di Sidney Gottlieb nel ricordare con chi stiamo per avere a che fare, affrontando la lettura: con un regista straintervistato, ma la cui grande disponibilità nel prestarsi a questioni sul suo metodo e sulla sua opera non devono portarci a pensare ad una trasparenza. Hitchcock fa uso di ironia, sembra giocare con l'intervistatore di turno per mezzo del suo personaggio, costruendolo -ed è massimamente indicativo a riguardo il pezzo di Claude Chabrol, che aveva subodorato la cosa-. Non che il libro manchi di sostanza, tutt'altro; ma oltre che con la sua filmografia, si ha a che fare anche con la personalità peculiare di Hitchcock. I discorsi vertono soprattutto sul periodo americano del regista e portano alla luce l'inventiva, il pragmatismo, i punti fermi ma anche talune modifiche di opinioni (ad esempio sull'importanza delle star) dell'autore.
Uno dei limiti è la ripetitività, perchè tra un'intervista e l'altra alcune cose vengono ripetute ad nauseam -ad esempio, la questione della differenza tra il giallo classicamente inteso e il film di suspance, o il decrescere della violenza in Psycho-. E peccato ci si fermi prima dell'ultimo film, Complotto di famiglia -in compenso, su Frenzy del 1972 si parla molto- e rimangano dei buchi, dei film del periodo inglese di cui non c'è traccia. Ma è una lettura piacevole che può fungere da complemento ai meno recenti testi sul regista, e se ne esce con un pò di invidia per chi ha potuto venire a contatto col maestro.
Alessio Vacchi

domenica 18 gennaio 2009

Comunicazioni di servizio. REQUIEM PER UN CINEMA


Non si vuole essere nostalgici e menefreghisti a tutti i costi. Se aveva chiuso, è perchè non reggeva più, e ci si augura che nel condominio che sorgerà al posto del cinema, e i cui lavori sono irrimediabilmente iniziati, venga a stare tanta bella gente che ora abbia problemi a trovare un tetto. Però la demolizione del Fiamma spiace, per più motivi.
Uno, più oggettivo, è che il cinema in questione era una delle sale torinesi più storiche ancora esistenti: l'inaugurazione risale a metà anni Cinquanta. «Veniva bandito un singolare concorso a premi per "dare un nome al più bel cinema di Torino", sorto in corso Trapani [...], capace di 1500 posti con platea e galleria color oro, ambrato e rosa. Si vantava di possedere "il più grande schermo d'Europa", proiettava film di seconda visione e per "referendum popolare" si chiamò Fiamma»*. E di questa "storia" si fa piazza pulita. Gli altri sono soggettivi, legati alla memoria e alla sensibilità di chi scrive. Abitando molto vicino al cinema in questione, la sua fine non mi può essere indifferente, perchè è un posto che ho conosciuto. Data la mia giovane età non sono memorie di grande spessore, comunque è il luogo di una delle prime proiezioni di cui abbia un vago ricordo (Jurassic Park), dell'attesa e affollata visione del primo Signore degli anelli (invero minata dai soliti gagni cagacazzo), dell'amarezza per la discutibile versione italiana di Shaolin Soccer, di un paio di visioni solitarie in un'estate torrida (Una settimana da Dio che non mi piacque affatto, Ricordati di me). L'ultimo film visionato dovrebbe esser stato Master & Commander di Peter Weir. Nel 2004 la sala chiude -non è la prima e non sarà l'ultima vittima cittadina della concorrenza delle multisale-, e i manifesti di Scary movie 3 rimangono per un pò esposti fuori.
Fino a poco tempo fa, passando, si poteva vedere una desolazione di buio, polvere e cartacce nell'atrio del locale, oltre i vetri. Ma ora, passando davanti, lo scenario è quello di uno spazio "brutalmente" sfondato da parte a parte dalle ruspe, e ci si rende realmente conto che quel che c'era, non c'è proprio più: quella sala grande, con una sua eleganza -dotata anche di lampadari di Murano-. A onor del vero, nel ricordo c'è anche la scomodità delle sedie, basse e consumate (molto diverse da quelle dei multiplex odierni). Ma è un pò poco per frenare un certo dispiacere che emerge, se il pensiero o i propri passi conducono al numero 57 di corso Trapani.
Alessio Vacchi

* Maria Grazia Imarisio, "C'è il Circarama", in "Torino Set 1956-65", supplemento a "Torino Sette", 1995.
Si ringrazia per la foto Enrico Barco, ex operatore e responsabile del locale.

Tra pagina e schermo. ORGOGLIO E PREGIUDIZIO


Tit. or.: Pride and Prejudice. Usa 1940. Di Robert Z. Leonard. Su dvd Warner.
Tit. or.: id. Usa 2005. Di Joe Wright. Su dvd Universal.

Warning: il seguente pezzo contiene anticipazioni sulla trama e sul finale che possono compromettere la visione a chi non conosce il film ed intende vederlo.

A metà degli anni Novanta, le trasposizioni cinematografiche da Jane Austen sono fioccate: Persuasione, Ragione e sentimento, Emma. Orgoglio e pregiudizio, primo brillante romanzo dell'autrice, ha goduto in quegli anni di una miniserie tv inglese (che su Imdb ha un voto impressionantemente alto); per un nuovo lungometraggio si è dovuto aspettare una decina d'anni. Non stupisce che la Hollywood classica abbia approfittato del romanzo, che offre ben materiale per farne una commedia brillante. Infatti va detto che, se i film risultano piacevoli, di base è merito del libro, in cui non mancano ironia e personaggi sopra le righe: le stupide sorelle Lydia e Kitty, l'importuna signora Bennet, il rigido e petulante signor Collins. Una delle forze del romanzo è proprio il parterre di caratteri, a partire dalla protagonista Elizabeh Bennet, ragazza dotata di una personalità sveglia, il cui spirito infatti fa perdere la testa all'inizialmente frenato Darcy e fa infatuare anche il lettore. Elizabeth è resa bene nei due film. Nell'unica vera precedente trasposizione sul grande schermo, è interpretata da Greer Garson, star oggi abbastanza dimenticata la cui carriera stava prendendo il là, che risulta bella e simpatica, sebbene fosse già trentanovenne all'epoca delle riprese. Più sensata anagraficamente la scelta di Keira Knightley nel film di Wright; scorrendo la sua filmografia si nota che l'attrice, forse per via della fisicità longilinea, è quasi abbonata a ruoli in costume o comunque ambientati nel passato: una versione tv de Il dottor Zivago, Espiazione, Seta, La duchessa.
Dal punto di vista registico, nel lavoro del 2005 si fanno notare alcuni eleganti piani sequenza (quello di apertura con Elizabeth che, camminando, arriva in casa e ci introduce in essa; un altro al ballo, con Collins che sfoglia una margherita aggiungendo un ulteriore nota ingenua al personaggio), più alcuni tocchi di zoom "manniani". Si nota il tentativo di valorizzare gli scenari paesaggistici. A parte l'inquadratura di Elizabeth che si staglia sulla rupe, alcune scene, che in Austen e Leonard sono al chiuso, vengono portate all'aperto: il colloquio tra genitori ed Elizabeth dopo il due di picche dato a Collins, l'irruenta dichiarazione di Darcy a Elizabeth e conseguente litigio, scena innaffiata da una pioggia che è palese correlativo oggettivo degli stati d'animo. A onor del vero c'è almeno un caso opposto: la rivelazione di Fitzwilliam a Elizabeth delle manovre di Darcy "contro" sua sorella.
Il film di Wright caratterizza alcuni aspetti con un tono più serio rispetto alla vecchia pellicola. Per esempio, la disperazione (di breve durata...) di Elizabeth e della madre alla notizia della fuga di Lydia con Wickam, ma soprattutto il personaggio di Lady Catherine de Bourgh. Nel film di Leonard, questa presuntuosa signora è resa con piglio ammiccante da Edna May Oliver (attrice in uno degli ultimi ruoli), per cui uno dei momenti più di presa emotiva del testo, lo scontro verbale tra lei ed Elizabeth verso la fine, risulta "simpatico"; senza contare la sminuente scelta di fare di questa visita un trucchetto della donna, d'accordo col nipote Darcy. Mentre nel film con la Knightley il ruolo è affidato a Judi Dench, che lo caratterizza senza ironia, e la schermaglia tra la vecchia e la giovane risulta più drammatica, sebbene più veloce.
E' curioso infine notare un elemento fedele al testo d'origine, in cui la sessualità non è proprio contemplata, nel film di Wright: manca un bacio finale tra Elizabeth e Darcy (così come tra chiunque altro), mentre la vecchia pellicola in chiusura lo propone, in un più classico happy end. Che forse avrebbe fatto arrossire Jane Austen.
Alessio Vacchi

La youtubata. PIERSILVIO AL DRIVE IN


Un figaccione dall'aria sperduta si aggira al "Drive in". Ma è il figlio del dottor Berlusconi!, si stupiscono le ragazze con a capo Lori del Santo. Certo è difficile capire chi dice peggio le proprio battute. Quanto al mischiare affari e donne, le considerazioni le lascio a chi guarda.
Alessio Vacchi

domenica 11 gennaio 2009

Memorabilia. I RAGAZZI DI TORINO SOGNANO TOKYO E VANNO A BERLINO



Titolo grandioso per un film del 1986 purtroppo arduo da vedere. Presentata dal futuro affermato (o quasi) regista Roberto Faenza, la pellicola, che narra del tentativo di un gruppo di "proletari metropolitani" di mettere su uno spettacolo musicale, potrebbe essere interessante da recuperare, almeno per chi vive a Torino: all'epoca ci si chiedeva se la città giovane si riconoscesse nel film (che totalizzò ovviamente incassi modestissimi), oggi il tutto può costituire un documento d'epoca, anche musicalmente. Certo l'accenno di cast, al fondo, muove solo un grosso punto interrogativo nella mente di chi legge.
Alessio Vacchi

La youtubata. GERRY SCOTTI SINGS


C'è un utente benemerito su youtube, LeIntrovabili2, che propone chicche musicali da far leccare i baffi a chi se ne intende di audiodelizie. Ho scelto uno degli exploit musicali di Gerry Scotti, un tamburellante brano impegnato-etnico in cui il conduttore pronuncia frasi alla Martin Luther King. Enjoy. Per sentirlo davvero cantare... buona ricerca.
Alessio Vacchi

domenica 4 gennaio 2009

Incompresi. Comici allo sbaraglio: PEGGIO DI COSI' SI MUORE



E' probabile che molti non lo ricordino, ma Maurizio Crozza faceva parte di un ensemble comico: i Broncoviz. Lui, la moglie Carla Signoris, Ugo Dighero, Mauro Pirovano, Marcello Cesena. Nelle storiche trasmissioni Rai Avanzi e Tunnel proponevano le loro graffianti parodie di telegiornali e spot. Facile quindi che il gruppo si cimentasse a suo modo anche col tema cinema. A parte amenità estemporanee quali lo spot dei sofficini Pintus, nel 1995 i Broncoviz danno vita in tv ad una gradevole trasmissione, Hollywood Party, nella quale vengono proposti minifilm parodici, ed esordiscono al cinema con Peggio di così si muore; regista, il "loro" Cesena, oggi noto come il Jean-Claude di Sensualità a corte (e attivo dietro la mdp per Aldo Giovanni e Giacomo, in pubblicità e nell'ultimo film). All'inizio c'è un "classico" scambio di valige che mette nei guai una coppia (Crozza, con tanto di capelli e Signoris): c'è dentro un mucchio di soldi e lei vuole proprio tenerseli per acquistare la casa nuova, ma una coppia di malviventi (Dighero e Pirovano) li trova. Dopo che la donna uccide involontariamente (nella sequenza più pulp e paradossale) uno di questi, gli sposi decidono di partire, accompagnati saltuariamente dal fantasma del defunto ormai pacificato, e rifugiarsi in mezzo alla natura, dal fratello scrittore di lei (Cesena). Ma l'altro malvivente li tampina; ed oltre a lui, un arcigno ispettore.
Sono svariati i riferimenti alla settima arte del film, a cui comunque va dato atto di non essere troppo pedante in tal senso. Gli accadimenti che fan da motore, tipicamente noir; la costruzione di alcune sequenze che, tra scelte di inquadrature e musiche accentuate, sembrano voler far pensare al cinema americano classico -la Signoris che entra in banca per far verificare i soldi, l'introduzione del personaggio dell'ispettore-; l'andamento generale che oscilla tra commedia, grottesco, noir semiserio; per finire con l'improbabile horror splatter muto che gli sposi vedono in un cinema ed uno scambio di battute che tira addirittura in ballo i ''pomodori assassini'', protagonisti di un piccolo cult degli anni Ottanta. Anche se è difficile non constatare come i Broncoviz avessero più da dire (in altre parole, come facessero più ridere) nelle apparizioni televisive che non in questo lungometraggio. Che, a dispetto del titolo potenziale boomerang, non è certo sciatto e si lascia vedere, anzi al suo attivo vanno messe alcune trovate più surreali: Crozza che canta mettendo su un immaginario disco o il fantasma che comunica alla coppia, tramite lo scrittore, che cosa sta succedendo intorno a loro e che lui può vedere, ma loro non ancora. Ma gli manca qualcosa per diventare un potenziale cult. Forse era meglio prendersi ancora meno sul serio? Da segnalare nel cast, una simpatica Rossy De Palma e, in ruoli cameo, i comici Olcese e Margiotta (anch'essi provenienti da Avanzi).
Alessio Vacchi

La youtubata. BRONCOVIZ IN SPOT


Difficile scegliere tra i filmati che youtube raccoglie del gruppo. Propongo questo ''blocco pubblicitario'' che raccoglie il geniale Grigiopirla, Michele l'intenditore, i corsi di lingue Dagusten e per finire uno spot contro gli allora ingombranti cellulari, a favore delle più tradizionali cabine.
Alessio Vacchi