domenica 2 novembre 2008

Io c'ero. Festival ed eventi vari. CINEMA. FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA. 8


Francia 2008. Di autori vari.

L'anno scorso a Roma era passato Chacun son cinema, film a innumerevoli, brevi episodi d'autore commissionato dal patron di Cannes. Quest'anno il film a episodi autoriale è stato questo 8. Cominciamo con una bella banalità: operazioni come questa paiono avere la disegualità incorporata. Affidando a tot registi tot episodi, si otterrà un totale ad alti e bassi. 8 non fa eccezione. Ogni episodio dovrebbe dire qualcosa riguardo gli otto Millennium Development Goals, gli obiettivi che numerosi stati si sono impegnati a raggiungere entro il 2015.
Dopo una introduzione con delle immagini proiettate su corpi, il primo episodio è quello di Abderrahmane Sissako, con protagonista una ragazzina etiope che va a scuola. Corretto, ha un momento di accensione quando lei dichiara il proprio pessimismo riguardo l'abbattimento della povertà. L'episodio dell'attore Gael García Bernal non suscita granchè, sebbene non sia male, immagini e voce over per una storia di affetti a distanza. Con Gaspar Noè si arriva all'episodio se non proprio più bello, più rigoroso e significativo. Provocatorio come al solito, Noè mette a disagio lo spettatore appioppandogli 17 minuti concentrati su un malato di Aids del Burkina Faso che racconta sé stesso, la sua malattia, quello che comporta. La sua voce è preregistrata e la ascoltiamo insieme ad un tappeto di pesanti bassi che pulsano, mentre Noè sta su di lui sovente in primo piano. Un paio di volte l'uomo guarda in macchina, verso la fine si alza e cammina fino a una sorta di casetta buia. Il pensiero che fa chi guarda è “sì ok, ma ora passiamo oltre”, e forse è proprio quello che Noè si prefiggeva. Jane Campion conquista un ideale secondo posto, ambientando nella sua Australia una storia di giovani che tentano di organizzarsi contro la siccità che sta attanagliando la zona. Poetico. Mira Nair gira un segmento pulito, un dramma di tradimento in interno familiare, che forse non dice abbastanza sul tema di riferimento. (l'uguaglianza di diritti tra uomo e donna). Van Sant firma una breve cosa che sembra di maniera, con riprese al ralenti, in formati “poveri”, di ragazzi che vanno in skate in cui si vede l'ombra lunga del suo ultimo Paranoid park, e cifre sulla mortalità infantile sciorinate a tutto schermo. Anche se, complice l'avvolgente commento sonoro, un'ombra di inquietudine la dà.
Il Jan Kounen di Dobermann che ci fa qui? Gira in un bianco e nero raffinato la storia di un parto sfortunato, un po' cantata un po' illustrata, ambientata in una piccola popolazione amazzone. Volenteroso, forse non gli giova l'arrivare verso la fine. La nota dolente, ma pare di sparare sulla croce rossa, è l'episodio di Wim Wenders. Purtroppo bisogna distinguere tra il come ed il cosa. Il cosa è il parlare del microcredito. Ma l'ideuzza degli oppressi che scavalcano i media e fanno sentire la propria voce affonda nell'imbarazzo, con queste persone che balzano fuori dagli schermi e spiegano tutto allo spettatore, guardando in macchina. L'episodio diventa uno spot per il microcredito: massima didatticità, cinema pochino. Da mostrare in televisione, magari.
Alessio Vacchi

Foto da The water diary, l'episodio di Jane Campion.

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