domenica 9 dicembre 2018

Festival ed eventi vari. 36 TORINO FILM FESTIVAL. L'AMOUR DEBOUT


Francia 2018. Di Michaël Dacheux.

Léa e Martin, giovani e più o meno carini, stanno vivendo a Parigi e sono stati insieme. Lei fa la guida turistica, lui trova un nuovo posto in cui stare nell'appartamento di un ex compagno di studi, vorrebbe fare il regista, scrive un copione e tiene corsi di programmazione cinematografica. Per entrambi ci sarà una svolta sul piano sentimentale, più o meno temporanea: lei si infatua di un solitario signore agée che vive su una barca, a lui che è bisessuale succederà qualcosa col coinquilino Bastien. Léa e Martin si rincontreranno, ma intanto la vita va.
Scritto dal regista, dotato di una fotografia molto chiara e rassicurante (anche se non super-cinematografica), è un film di vite in assestamento, di naturale ricerca - e relative illusioni - di qualcosa di appagante, scandito in stagioni: e qui è difficile non pensare a Rohmer, ma il modo in cui il film lo ha fatto venire in mente a chi scrive - cinemagay.it rileva anche rimandi a Paul Vecchiali, a cominciare dalla presenza di Pascal Cervo e François Lebrun - va chiarito. Se la città di Parigi è quasi un personaggio, ed è coinvolta in un modo che più diretto non sarebbe possibile – attraverso le spiegazioni di una Léa che ne sembra soddisfatta – , il disegno dei suoi film (quelli del ciclo dei “Racconti delle quattro stagioni” e “Commedie e proverbi”, si intende), quell'intrecciarsi dei personaggi, il dialogo, insomma le caratteristiche che hanno fatto amare il regista qui sono lontane. E le si rimpiange. Perché quel che invece c'è è tenue. Poteva venir sostenuto un po' meglio da una recitazione più fresca, che invece è leggermente artificiosa (Adèle Csech-Léa, la sua inquilina hostess), o da personaggi più approfonditi e in cui si potesse 'entrare' di più. Non è andata così, e anche se il film sembra non porsi particolari problemi, confidando in modo tranquillo sulla sua “francesità”, il risultato è che a volte si pensa ai fatti propri, mentre sullo schermo passano le tranches de vie dei personaggi.
Il motivo della selezione a un certo punto diventa chiaro (sebbene il film sia già approdato a vari festival, Cannes compreso): l'esplicito omaggione a Jean Eustache, protagonista di una delle retrospettive di quest'anno, attraverso una Bernadette Lafont nella parte di sé stessa. La vediamo per la prima volta a una proiezione di La mamain et la putain, e poi condividere alcuni momenti coi personaggi, da amica. Ma la cinefilia non basta né coinvolge, né è in qualche modo elaborata. Un'operina, non antipatica ma trascurabile.
A.V.

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=MtP0bY7WdE4

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