Anima
in pena (sic) ha un rapporto irrisolto con il padre. Sui due aleggia
il pensiero della madre che non c'è più. Fa parlare, ponendo delle
domande personali e su temi importanti – i genitori, la scuola e il
lavoro, il futuro, la morte e l'esistenza o meno di un aldilà, il
sesso – , lui, altre persone anziane e alcuni giovani o
giovanissimi, in un “viaggio sperimentale”, inquieto,
inframmezzato da un suo antinaturalistico mettersi in scena. Come se
cercasse di capire qualcosa in più, se si può, della nostra esistenza,
capire a che punto siamo, prima di ributtarsi alleggerita nella vita
(con la madre che finalmente le permette un agognato bagno al mare: è
passato abbastanza tempo...).
Eleonora
Danco è autrice, regista e attrice teatrale, con apparizioni anche
al cinema (con Scola, Bellocchio, Moretti) e un poco di tv, qui al
primo “suo” atipico film, che al festival ha ottenuto una
menzione speciale della giuria e una (evitabile) menzione speciale ai
personaggi intervistati. Parola, quest'ultima, che sta stretta al
film: la Danco parla non di interviste ma di “performance” e
“installazioni fisiche”: il contesto di queste riprese infatti
non è mai improvvisato, si lega a frammenti di fiction e vengono
lasciati alle persone piccoli “assoli”, fatte esplicitamente dire
delle cose o fatte fare altre che si legano simbolicamente a quanto detto.
È
un film che viene ad avere un po' due anime, e quella più
evidentemente autoriale e lontana dal documentario “classico”
piace meno. Probabilmente è un'osservazione facile, ma quando la
Danco (che si esibisce anche in un full frontal) è in scena, su di
un letto-tentazione personale di immobilismo posto incongruamente in
luoghi pubblici, a vagare con vestito da sposa e piccone, a fare la
scolara disperata in classe, a mostrarsi in una vasca piena di
biscotti o la sua voce interviene con tono aspro a rimproverarla
richiamando profezie genitoriali di inettitudine, sembra che
qualcosetta strida. I suoi frammenti di performance (che qualche
volta, in strada, sorprendono i presenti) e di messinscena sono
francamente meno interessanti di volti e parole degli “intervistati”.
Va detto però che non si può accusare l'autrice/attrice di
eccessivo narcisismo, di prendersi troppo spazio. E che non le manca
un'ironia autosmitizzante, come nelle discussioni che ha col padre
mentre lo dirige, con lei che deve insistere a fargli dire cose a cui
lui è recalcitrante, perché non sente sue o teme di risultare male.
Colpiscono anche, tra le idee della regista, il vestire da astronauti
(perché vivono in una loro bolla) il padre e la badante e
l'applicare foto d'infanzia al volto.
Certo,
l'affresco umano che ne esce non è proprio sereno o rassicurante,
anche se è un effetto che può essere nascosto dalle risate che
nascono con spontaneità. Tra i giovani che si sentono regnano
ignoranza e pregiudizi (sulle donne, per esempio: troie!), orizzonti
ristretti (al lavoretto concreto), allergia alla scuola e alla
cultura (leggere? L'arte?). C'è una ragazza che sembra una parodia
impersonata da Caterina Guzzanti, ma anche un ragazzino che dice
delle cose simpatiche, sulla sua idea di paradiso e le primissime
esperienze con l'altro sesso (precoci quasi per tutti, almeno a
parole). Gli anziani ricordano (senza compiacimenti, almeno) la
violenza genitoriale che da giovani costituiva pratica quotidiana,
tra minacce di morte e punture di aghi, ma sono anche capaci di
uscite di tagliente saggezza popolare, e comunicano ingenuità e
filosofie di vita conciliate. In tutto questo collegare, toccare e
ri-toccare temi alti, il riso talora si raggela in volto (come nel
caso del vecchio che, interpellato sull'omosessualità, ha una
sbottata di un'omofobia cieca, estrema, “da vecchio” appunto),
oppure capita il contrario, che un discorso che si segue seriamente
si muti, per un cambio di tono e di marcia, in riso (come la signora
che ricorda la via a suon di botte e prepotenza col marito, quando la
Danco le chiede se a letto poteva prendere lei l'iniziativa): come
nella vita.
Un
piccolo film che parla a noi e di noi, che pone lo spettatore vis-à-vis con altri esseri umani; film il cui disegno artistico non
convince appieno ma senza che questo apporti un danno particolare, e
che potrebbe intercettare il pubblico (che si diverte e commenta), se
gliene verrà dato modo.
A.V.
Nessun commento:
Posta un commento