Italia 1993. Su dvd Medusa.
Caino e Caino si
situa in un momento di passaggio nella carriera registica di
Alessandro Benvenuti (di cui negli Incompresi si era recensito I miei più cari amici), tra le commedie più toscane
Benvenuti in casa Gori e
Zitti e Mosca e un
piccolo salto di sguardo “autoriale” e considerazione critica che
comincia con Belle al bar.
È
poi, per un Montesano
più maturo e misurato di altre volte (nonostante il contesto sopra
le righe), la penultima apparizione cinematografica importante (dopo
Anche i commercialisti hanno un'anima,
c'è un buco fino al cameo nel sequel di Febbre da
cavallo). Il film però floppa
(con circa 883 milioni) e verrà poi proposto in tv con timidezza.
Anche la critica non apprezza (il Mereghetti, severamente, gli
assegna *). Montesano stesso, nell'intervista su “Cine 70 e
dintorni” n.10, lo liquida in poche parole: “Anche questo [come
Grand Hotel Excelsior e
Grandi magazzini, nda]
lo feci per far contento
Mario Cecchi Gori. Però, ripensandoci, potevo scontentarlo, che era
meglio per me e per tutti gli altri...” (pag. 20).
I fratelli coltelli Casamei, alla morte
del padre, devono occuparsi dell'azienda tessile di famiglia, di cui
ereditano ciascuno il 49%, mentre il 2% andrebbe a una delle vecchie
amanti del babbo. Franco (Benvenuti), però, se ne appropria. Fabio
allora escogita una vendetta kamikaze, mandando la finanza in
azienda, anche se il “nero” ne esce rocambolescamente salvo. I
loro sgambetti salgono di livello e mirano a distruggere le
reciproche vite affettive/familiari: Franco mette allo scoperto la
relazione del fratello con la moglie di un amico, Fabio fa lo stesso
con la relazione adulterina dell'altro. Un punto di svolta a questa
meccanica di azioni-reazioni a base di odio pare arrivare con il
rapimento di Franco, per cui Fabio si risolve infine, con un
sacrificio, a pagare il riscatto. Pare.
C'è qualcosa che limita
l'apprezzamento di un film comunque dignitoso. Il racconto sembra
stare oltre ed essere più veloce dei personaggi, del loro incidere
nello spettatore; in questo senso non giova pure l'espediente
riassuntivo del “coro” dei dipendenti, che ad un certo punto
collega a parole due tranches temporali. I dialoghi, però
(l'attore-regista scrive col sodale Ugo Chiti più Benvenuti [Leo] e
De Bernardi), ci sono: a cominciare dalle battute di un Benvenuti
sbarbato nel suo personaggio snob, che dice cose taglienti e
provocatorie sempre con un'aria di sufficienza e superiorità, mentre
Montesano mette a segno qualche bordata volgare, come la colorita
spiegazione sulla (inventata) abitudine alle messe sataniche del
fratello, alla presenza di un frate.
La mano registica di Benvenuti è
presente: quella non di un mero metteur en scene “invisibile”
di un copione di commedia (senza per questo pensare di star girando
chissà che), tra soggettive (anche di un cane) e particolari. Con
una tendenza ad andare sopra le righe che trova nutrimento nel
soggetto, senza però diventare sguaiata, e che ha un quasi
cartoonesco sbocco nella “sfida finale” tra i due fratelli. Oltre
che con il gusto per la goliardata veloce, per la toscanità e il
chiudere le sequenze mettendo un punto a base di umorismo. Segni del
lavoro, del metodo di un cineasta che poneva una certa cura e idee
nei suoi film, facendo del cinema: non sempre riuscito, a
fuoco o icastico nei risultati oltre che nelle intenzioni, ma vivace
e tale per cui oggi si può rimpiangere l'assenza dietro la macchina
da presa, nel panorama della nostra commedia, di Benvenuti.
Camei, camei lampo e piccoli ruoli per
diversi corpi e volti comici noti, toscani e non. Novello Novelli
ovviamente c'è e compare all'inizio nei panni del capofamiglia,
aprendo la storia con una spiritata epifania su fondo nero, in cui
sembra un uomo fuori dal tempo; Giorgio Ariani fa parte del “coro
industriali” (come da titoli di coda), che qua e là punteggia con brevi dialoghi sulla situazione dei protagonisti; Barbara Enrichi
si vede alcuni istanti tra il “coro operaie”; Sandro Ghiani resta
in scena una manciata di secondi come brigadiere. Daniela Poggi è la
moglie di Franco.
A.V.
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