domenica 8 dicembre 2013

Io c'ero. Festival ed eventi vari. 31 TORINO FILM FESTIVAL. PELO MALO

Venezuela 2013. Di Mariana Rondón.

All'interno di un casermone nella periferia di Caracas vive Junior, col fratellino bebé e la madre Marta. I pensieri di Junior sono rivolti al riuscire a lisciarsi la massa di capelli crespi, fare una bella foto di classe (che però costa) prima che ricominci la scuola e, complice la nonna nera da cui qualche volta la madre lo lascia, diventare un cantante. Con Marta, però, il bambino ha un rapporto infelice: lei lo mal sopporta e non c'è feeling tra i due.
Sicuramente uno dei film migliori tra quelli nuovi visti da chi scrive al festival, vincitore per la miglior sceneggiatura e la migliore attrice (Samantha Castillo), Pelo malo è scritto bene, credibile e forte di personaggi interessanti. Se la violenza dell'ambiente dove i protagonisti vivono è solo evocata (si parla di violenze sessuali, si sentono spari a distanza), quello che tarpa le ali alla serenità di Junior è la vita con la madre. Marta, vedova, attualmente senza lavoro e impegnata nel tentativo di recuperare l'impiego precedente di vigilante, è una donna presa da sé, dalle cose che deve fare e i posti in cui deve recarsi, sempre seria, con una tendenza al comando nei confronti del figlio maggiore (“Devo essere d'esempio”, dice ad un certo punto). Sembra patire la difficoltà del vivere; la sua insicurezza e la sua incertezza del futuro la rendono indurita e quasi incapace di lasciarsi andare. Anche se ha dentro di sé un'energia, anche sessuale e legata al sentirsi donna, che qualche volta viene fuori (per esempio nel ballo, che da allegro si fa aggressivo, con Junior o nella scena di sesso al volo con un fusto del palazzo: buona scena erotica, non così gratuita).
E questo figlio un po' introverso, lei non lo accetta e non lo capisce. Quando lui la fissa, lei si irrita: “Non guardarmi così”. Ma poi è lei a guardarlo corrucciata, quando si comporta in modo strano (o che percepisce tale). Junior è praticamente considerato un elemento di preoccupazione in più; figuriamoci il sospetto, in cui questo si traduce, che sia omosessuale.
La Castillo è sicuramente molto brava nei panni di questo personaggio di madre non snaturata, ma che sbaglia; un personaggio che sarebbe schematico, e non farebbe un buon servizio al film, liquidare come negativo, anche se raggiunge uno sgradevole punto basso quando fa sì che suo figlio guardi, per riportarlo sulla via dell'essere “uomo”, mentre lei si lascia possedere dal capo. Di conseguenza, si sta dalla parte del simpatico bambino, mentre lei suscita pena. Le scene con i divertenti dialoghi fra lui e l'amica, determinata nel volersi far fare una foto da miss, fanno storia a sé.
Un film felicemente affrancato da convenzioni, che lascia in bocca un sapore dolceamaro: alla qualità del film e alla catchiness della canzoncina Mi limon mi limonero cantata da Henry Stephen (che spicca in una colonna sonora altrimenti molto parca), si contrappongono l'asprezza di questo rapporto madre-figlio come non è corrente vederne al cinema e un finale non consolatorio (al bambino però è concessa una piccola soddisfazione sui titoli di coda). P.S. Tutto questo superando l'imbarazzo del cartello iniziale della società di distribuzione: FiGa Films.
A.V.

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