Tit. or.: Á annan veg. Islanda 2011.
Finnbogi e Alfred sono due addetti alla manutenzione stradale, che lavorano insieme rifacendo la segnaletica orizzontale e sistemando paletti in strade sperdute. La loro situazione quanto a donne è la seguente: il primo è fidanzato con la sorella del secondo che, arrapato cronico, non vede l'ora di andarsene via nei giorni liberi per potersi fare alcune che ha in mente, anche se non sempre gli va bene. Finchè nelle loro vite private non si annuncia una rivoluzione, perchè uno viene lasciato a distanza e l'altro si scopre in procinto di diventare padre. Dopo una furiosa lite, tra i due si delinea una nuova amicizia ed alleanza.
Ha vinto il festival di quest'anno, questo film scritto e diretto dall'esordiente Hafsteinn Gunnar Sigurðsson, che firma anche il soggetto insieme all'interprete di Finnbogi. Chi scrive ha visto pochissimi film in concorso, ma pur non essendo un premio scandaloso, ci si chiede se nessun'altro film meritasse di più.
Film ad andamento lento, coi due protagonisti soli in scena per la gran parte del tempo, isolati nel loro mondo di lavoro e di chiacchiere dentro cui irrompono conseguenze di eventi esterni. Le altre presenze umane sono quelle di un camionista che compare un paio di volte, fermandosi, stappando bottiglie coi denti e offrendole e quella più misteriosa di una figura femminile immaginata e simbolica, miraggio della donna che nell'universo narrativo sullo schermo non c'è e monito: della donna, che lo si voglia o no, non si può fare a meno, l'altro sesso esiste, modula e cambia la vita. Alcune volte si ride -Alfred è personaggio simpatico, più loquace dell'altro-, ma è un film che si guarda attendendo vanamente di esserne conquistati, forse più piacevole a raccontarsi (e quindi a sunteggiarlo) e a rifletterci a bocce ferme che non a vedersi. Non è e non vuole essere esplosivo e ha quasi sempre un suo rigore.
Alcune inquadrature non sono male: le sagome scure dei due all'orizzonte che lavorano, il cielo che muta mentre sentiamo le poche canzoni pop che formano la colonna sonora e che si rivelano poi diegetiche - il film è ambientato negli anni Ottanta - . Il regista evita la macchina a mano e il formato è panoramico, il che permette di inserire le figure umane in un paesaggio di cui in questo modo si valorizza l'ampiezza, l'apparente mancanza di confini.
A.V.
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