Italia 1989. Su dvd Medusa.
Prodotto da Achille
Manzotti e tratto dal romanzo omonimo di Enrico Vanzina pubblicato
pochi anni prima, Le finte bionde è uno dei capitoli meno
fortunati della filmografia vanziniana degli anni '80, sebbene, Marco Giusti docet, dopo il flop nelle sale (non entrò neppure nei primi
100 titoli della stagione) il film ebbe un recupero in tv come
“assoluto cult del mondo romano”; più avanti aggiunge,
giustamente, “assolutamente per romani, forse”*.
A poca distanza da Via
Montenapoleone e in vena
di insistere sulla loro inclinazione di osservatori socioculturali
(l'essere tali è argomento principe di chi li sostiene) di
un'umanità che va tra i burinazzi e le classi medioalte
o chi vorrebbe rientrarvi, i fratelli chiamano nel cast alcune
protagoniste della coeva trasmissione tv di successo La tv delle
ragazze: Cinzia Leone (in gran
spolvero), Alessandra Casella, Francesca Reggiani. Sono tra le “finte
bionde” che il film ambisce di raccontare: una categoria composta
da borghesi romane coi soldi (e relativi compagni), che conducono una
vita di livello ma sotto sono delle cafone, bionde perché, come
illustrato all'inizio in una sequenza dove il personaggio della Leone
se ne rende conto e va a farsi la tinta, sono loro a dominare. Con
l'accompagnamento di una voice over (di
Oreste Lionello, che presumibilmente recita passi del libro), il film
prende e lascia le sue coppie di personaggi procedendo per sequenze
tematiche, a costituire una specie di affresco di vita e quadro
umano. Gli ambienti in cui i personaggi si muovono e mangiano (la
trattoria di Mattioli, quando non si pasteggia a casa con ospiti), il
problema di dove andare in vacanza e di trovare un appartamento
adeguato, le spese... Questioni simili a quelli che si possono
trovare in un romanzo dell'800 ambientato nell'alta borghesia, qui
illustrate in uno spaccato sociale a matita grossa di fine anni '80.
Gli oggetti, anche: una sequenza (in cui compare il caratterista
Renzo Ozzano) mostra la moda del telefono, ancora con fili, in
macchina e un'altra la “videomania” del possedere un numero
spropositato di televisori e girare e conservare filmini di ogni
cosa. I problemi sentimentali-sessuali restano a margine, relegati a
qualche scenetta con personaggi lampo o alle sequenze con la
litigiosa coppia Casella-Massimo Wertmuller. I protagonisti parlano
di futilità, si cercano e si incontrano ma al contempo si criticano
l'un l'altro. Stile e orizzonti di vita sembrano creare loro
soprattutto stress.
Alcune
notazioni e battute sono carine (esempio, Mattioli che, preoccupato,
dice alla debole moglie di non svenire, ché potrebbe perdere
l'abbronzatura; o la coda di inservienti stranieri a fare commissioni
per i padroni), ma resta una pellicola che si guarda con un vago
senso di fastidio. Per via della botta di romanità cui si è
accennato e da cui si può essere un po' respinti, e per i personaggi
estroversi e pesanti (Antonello Fassari...) messi in scena con occhio
ammiccante e interpretati con spavalda sicurezza, di modo che si
capisce come si cerchi la risata ma paradossalmente viene frenata.
Anche se nell'ultima parte i Vanzina sembrano voler compensare e dare
il fatto loro ai personaggi, il cui viaggio di ritorno da una vacanza
collettiva in Brasile (che non vediamo) risulta in un'odissea causa
maltempo, al punto che sono costretti a dormire in stazione,
scambiati per poveri immigrati.
Guido
Nicheli, avvocato sposato con Paola Quattrini, è tra i più bravi
(suo un rimarchevole “Merviglius!”). Ci sono anche Sergio
Vastano, Licia Colò e in ruoli minori Isaac George, Claudia
Gerini, un capelluto Pino Insegno, che ha una sequenza in cui cerca
di concludere con la sua ganza. Antonio e Marcello de I fatti
vostri compaiono nei panni di loro stessi e firmano la colonna sonora, compresa la title track
dei titoli di coda, introdotti dalla presentazione di interpreti e personaggi, ognuno soprannominato con la storpiatura di un titolo di film.
A.V.
*"Dizionario dei film italiani stracult", Sperling & Kupfer, 1999, pag. 288.
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