Tit. or.: The Rift. Spagna/USA 1990.
La breve moda del thriller subacqueo di fine anni '80 non significa solo The Abyss, Leviathan o La creatura degli abissi: pure gli spagnoli ci cascarono, aggregandosi alla fallimentare comitiva con "La cosa degli abissi" (altrimenti noto come The Rift o Endless Descent) diretto dall'alfiere dell'exploitation iberica Jean Piquer Simón. In questa iterazione del succitato concept, un sofisticatissimo sottomarino americano denominato Siren I sparisce nelle profondità oceaniche. I militari allora organizzano una missione di salvataggio, spedendo l'ingegnere responsabile del progetto ed una squadra militare sulla rotta del mezzo scomparso, a bordo del succedaneo Siren II. Nella loro ricerca, i protagonisti si imbattono in una nidiata di mutanti di varia natura, frutto di un segretissimo progetto di ingegneria genetica celato in un labirinto di grotte sottomarine.
Alla luce di questa sinossi, è chiaro come il titolo italiano sia dannatamente fallace (in quanto le "cose" sono più di una), ma è il male minore. Passiamo ai fatti: dopo aver rincorso lo slasher americano con Pieces e aver fatto incazzare Shaun Hutson adattando il suo viscido eco-vengeance Slugs, Simón gira quello che è fondamentalmente l'ennesimo clone di Aliens, con le sole iniezioni di splatter ('stavolta nemmeno troppo copioso) a differenziarlo un minimo dalla mischia. Nonostante il budget apparentemente più alto rispetto alle fatiche precedenti, gli effetti sono poco speciali, anche se alcune trovate, come le alghe carnivore, mettono di buon umore: evidentemente, il grosso dei fondi era servito per pagare le buste paga di attori come Jack Scalia, Ray Wise ed il leggendario R. Lee Ermey (il sergente istruttore Hartman di Full Metal Jacket, che qui interpreta un eroico capitano), gente non famosissima ma comunque conosciuta. Per il resto, tutta ordinaria amministrazione.
E.R.
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