domenica 28 ottobre 2012

Io c'ero. Festival ed eventi vari. VIEWFEST 2012, Torino, 19-21/10/2012


Rendiconto di alcune visioni dalla manifestazione.
Tra i programmi composti da brevi film, la selezione dei finalisti dei VIEW Awards. Il premio Best Short per il contest VIEW Social è andato a Caldera di Evan Viera, l'unico corto segnalato col suo nome sul programma (a proposito: perché gli altri no?). Il viaggio fino all'oceano di una ragazza con problemi psichici. Un buon inizio con qualche immagine suggestiva di solitudine, ma poi si rivela al di sotto delle ambizioni e porta a pensare ai fatti propri. Miglior Cortometraggio, piuttosto meritatamente, è risultato Second Hand di Isaac King (visionabile sul suo sito: http://www.isaacking.net/animation.html), lavoro ecologista che mette a confronto la vita slow e dedita al recupero, anche ingegnoso, di una coppia non giovane con quella frenetica, nervosa, rumorosa e sprecona di un infelice vicino di casa. Efficace per design e suono, fa sorridere e ha un messaggio chiarissimo che arriva senza predicozzi. Premio per il Miglior Personaggio al delizioso, tenerissimo Krake di Regina Welker: una bambina si vede spuntare sulla testa una piovretta e convive con questo parassita (che, antropomorfizzato, si comporta similmente a un bimbo), che cresce di volume fino a diventare insostenibile. La bontà del corto non sta nello stile ma nella sua leggerezza brillante e dolce, che lo rende effettivamente adatto ad ogni età. Rew Day, dalla Bulgaria, vincitore per il Miglior Design, narra a ritroso la giornata costellata di sfighe di un tizio, che abbiamo visto concludersi col suo cadavere a prendere aria. Interessante anche La noria-The Waterwheel di Karla Castaneda, con i suoi personaggi tridimensionali che piangono un bambino defunto, fra tristezza, musica e visionarietà, senza parole (e un protagonista troppo ruminante).
Tra i lungometraggi, in contemporanea con la permanenza nelle sale è passato ParaNorman diretto da Sam Fell e Chris Butler, dalla casa di produzione di Coraline. Protagonista di questo film che nelle nostre sale ha incassato un'inezia rispetto ad altri film mainstream animati è un ragazzino introverso, appassionato di horror, che “vede la gente morta” e si ritrova incaricato dallo zio semi-barbone (doppiato in originale da John Goodman; ma il doppiaggio italiano, in generale, si fa digerire) di placare la maledizione in arrivo nella loro cittadina, costituita dal ritorno di alcuni zombies, causata da una strega. Affiancato inizialmente da altri personaggi (il suo bullo, il suo amico ciccione e nerd col fratello culturista e tonto, la sorella superficialona), Norman risalirà ai motivi del maleficio e affronterà fino in fondo la faccenda, riscattandosi e facendosi apprezzare.
Francamente non bello il design dei personaggi, che assomigliano a dei bambolottoni e pesa un poco quando, dopo tanto casino e umorismo, il film sente di dover tirare le fila facendosi serio e lanciando un messaggio. Però come cartoon horror e come film che si rivolge a un target anagraficamente largo, funziona abbastanza. Oddio: forse se si è adolescenti è meglio, ma allo stesso tempo non sottovaluta lo spettatore, intrattenendolo con dignità. Inoltre, non si finge che il sesso non esista e c'è un coming out che non può non stupire (almeno se si è digiuni delle relative polemiche: ma qui, stranamente, nessuno sembra essersene accorto). Visivamente si può rilevare la sequenza dell'ira funesta della strega, con stringhe di fulmini e il terreno che crolla sotto i piedi del protagonista. C'è una strizzata d'occhio iniziale a Grindhouse.
La serata del 9, dedicata ai Grimm, si è aperta con la presentazione dei dieci corti animati finalisti del concorso italotedesco Grimmland, del Goethe-Institut di Torino. I lavori sono visionabili e votabili da casa (c'è un premio del pubblico) all'indirizzo http://www.goethe.de/ins/it/lp/prj/gri/gra/itindex.htm. I più degni di nota: Little Red Riding Hood di Eleonora Diana che rielabora stravagantemente, con oggetti e cibi animati a passo uno, la nota favola, tra pomodori e sacchetti cattivi, con un finale da levarsi il cappello. Intelligente; Rapunzel di Gitte Hellwig, realizzato con una tecnica di bellezza e poeticità quasi commoventi, anche se i suoi vorticosi e lacunosi tratti neri ed il ritmo a cui si succedono lo rendono un poco faticoso; Il ginepro di Milena Tipaldo, Lucio Coppa e Giacinto Compagnone, che utilizza una voce narrante femminile costante e non lesina sul gore; Settecapretti di Dalila Rovazzani, simpatico e visivamente interessante, con le sue figure che sembrano vibrare sopra fogli a quadretti; il più tenero Dream's Shadow di Giorgia L.Velluso e Paola Costigliola, sulla fantasia infantile che combatte le ombre; I sette corvi di Corrado Genovese, che utilizza invece figure bidimensionali, un tratto infantile e didascalie, come fosse il disegno animato sviluppato da un bambino (forte la bambina che zompa sugli astri).
Dopodiché, il tributo all'animatrice tedesca Lotte Reiniger, pioniera famosa per il primo lungometraggio d'animazione della storia, con una selezione di “silhouette films”, i lavori a base di sagome nere nei quali era specializzata. Il muto Cenerentola è risultato uno dei migliori, più vivo, con inaspettati tocchi di umorismo che poi tenderanno a scomparire dalla sua produzione -una delle sorellastre che si mozza un pezzo di piede per farlo entrare nella scarpetta-. Il gatto con gli stivali, di tredici anni dopo, segna una notevole differenza con i suoi sfondi più curati. Molto carino L'oca d'oro, ridoppiato decenni dopo. Biancaneve e Rosarossa col suo nano cattivo, I tre desideri con la moglie sventurata al cui naso un incauto desiderio attacca una fila di salsicce, Hansel e Gretel e una efficace lotta con la strega, La bella addormentata nel bosco, Il principe ranocchio (gli ultimi cinque, tutti del 1954 e della Primrose Production, casa della Reiniger).
Quello della Reiniger è artigianato prezioso, probabilmente non più adatto al gusto dei bambini di oggi (e di questo non gliene si fa una colpa). I suoi film visti così in fila rivelano, alla lunga, una certa maniera e standardizzazione. Al termine, dopo tanto bianco e nero, un frammento, con sfondo e figure a colori, da una versione successiva del Principe....
A.V.
In alto, un'immagine da Second Hand.

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