Chi scrive va pazzo per i film d'azione, sin da bambino quando passava le lunghe estati davanti alla tv, a dilettarsi con le peripezie di Van Damme & co. E spesso fantasticava di un film che unisse sullo schermo tutti i più grandi interpreti di quel cinema. Ora il sogno degli amanti dell'action si è concretizzato.
The Expendables (da noi semplicisticamente I mercenari) è arrivato ed è prima di tutto un film di attori, muscoli, sangue e sudore. Stallone riesce a creare uno dei cast più incredibili dell’ultimo ventennio, unendo grandi star del genere e vecchie glorie, dando vita a un film imprescindibile e imperfetto, che non si può fare a meno di amare. Già dal prologo Sly trascina gli spettatori in un mondo che odora di cadaveri e cordite: una nave al largo della Somalia, ostaggi e pirati, presagi di morte. I mercenari entrano in scena con proiettili, granate e coltelli. E’ solo l’inizio ma in questi primi minuti sta il "senso" del film. Azione, sangue e ironia, una somma tipica dell’action anni 80-90, a cui Stallone dimostra apertamente di ispirarsi. I riferimenti e le citazioni si sprecano. La trama, molto povera e priva di veri colpi di scena, è il difetto principale del film e unisce elementi presenti in opere come Lo specialista, Man of War-L’ultima missione, Danni collaterali, Rambo 2, Il ponte del dragone, Delta Force, Missing in action... : la sceneggiatura risulta un semplice canovaccio su cui innestare una miriade di sequenze d’azione. E il vero punto di forza della pellicola è questo. Stallone spinge il suo anfibio sull’acceleratore, in un tripudio di esplosioni, sparatorie e combattimenti corpo a corpo, superando quantitativamente anche John Rambo, che rimane però un'opera più matura e compiuta. La regia è essenziale e funzionale, la mdp si muove frenetica durante l’azione e si immobilizza durante i momenti riflessivi e introspettivi (...sì, c’è spazio anche per lacrime e sentimenti).
Le scene d’azione sono pirotecniche, girate con gusto compiaciuto per il grand guignol, tra sangue in CG, corpi che letteralmente esplodono (gustosissimo Dolph Lundgren armato di lanciagranate nel prologo) e ossa che sonoramente si spezzano. Ogni elemento della messa in scena trasporta nel vivo del conflitto, in mezzo a questo team duro e scanzonato: Stallone esibisce i corpi, i muscoli scolpiti e tatuati dei suoi interpreti, icone di un certo cinema. Lui ripropone l’eroe impavido interpretato in numerose pellicole, ma non monopolizza la scena, lasciando abilmente spazio ai compagni. Jason Statham simboleggia il cinema action moderno, una sorta di figlio adottivo di Stallone, pronto a prendere il testimone lasciato dal "grande vecchio". Jet Li, poco valorizzato e penalizzato da un impietoso doppiaggio, è il simbolo del cinema hongkongese a base di arti marziali e velocità. Randy Couture e Terry Crewes sono stati scelti per la loro mole imponente e i loro trascorsi nel wrestling, come Steve Austin. Eric Roberts torna ad affrontare Stallone sedici anni dopo Lo specialista e si conferma funzionale ai ruoli di villain, con un volto scavato e sornione, dando un leggero spessore a un personaggio bidimensionale e stereotipato. Al suo fianco fa piacere rivedere Gary Daniels, attore marziale mai esploso nel cinema mainstream, protagonista di una miriade di film direct to video (tra cui Fist of the North Star, ispirato a Ken il Guerriero). Ma su tutti stanno Dolph Lundgren e Mickey Rourke: il gigante svedese presta il suo viso segnato a un personaggio complesso e forse irrisolto, il traditore del gruppo. Roccioso, ironico, convincente nella sua interpretazione, è sempre esaltante vederlo impugnare un’arma o sferrare colpi ai malcapitati avversari (esaltante lo scontro con Jet Li), dimostrandosi uno dei pochi attori della sua generazione ancora in grado di essere credibile come “duro a morire”. Mickey Rourke, guida morale del gruppo, è come sempre immenso; il suo corpo disfatto si inserisce perfettamente in questa galleria di patibolari e il monologo in primissimo piano, tra lacrime e denti d’oro è quasi shakespeariano. Parlando dei rimpianti ed errori di una vita sembra fare un’amara riflessione sulla sua esistenza di ribelle amato e rinnegato da Hollywood. Guest stars di rilievo, Bruce Willis e Arnold Schwarzenegger, presenti insieme a Stallone in una scena che diventa istantaneamente cult.
Stallone riesce quindi a raggiungere il suo scopo, realizzando un film che è un revival e un rilancio di un cinema che rischia di diventare un mero reperto archeologico. Nonostante le carenze strutturali evidenziate (trama, personaggi poco definiti), I mercenari è un puro divertissement, un grande giocattolo mirabolante che per un’ora e mezza ci prende per mano e riporta indietro nel tempo, in quell’epoca in cui il cinema d’azione regalava piccoli capolavori destinati, come i loro interpreti forzuti, a diventare leggenda.
E.F.
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