domenica 11 dicembre 2011

Io c'ero. Festival ed eventi vari. 29 TORINO FILM FESTIVAL, 25/11-3/4/2011. THE OREGONIAN


Usa 2011. Di Calvin Lee Reeder.

Una ragazza si risveglia sanguinante in una macchina incidentata (no, non è Wrecked al femminile). Ne esce e si trova a vagare in un mondo semideserto: strade e una cittadina in cui non c'è nessuno, se non delle presenze altamente inquietanti e bizzarre: una signora vestita di rosso e un uomo col costume di un pupazzo verde che non parlano, un tizio ansimante e barbuto, da cui rimedia un passaggio e che la porta fino a casa di lui. Con un fucile in braccio (che non le servirà), l'incontro con un gruppo di gonzi che bevono una bevanda tra la birra e il caffelatte da una tanica e scorrazzano allegri la porterà e ci porterà a chiarire meglio l'antefatto della “vicenda” e ad un colpo di scena. Se vi fa schifo quanto scritto, sappiate che non è un film facilissimo da raccontare e, sebbene poco riuscito, da rendere con le parole.
Presentato dal programma citando i nomi di Tod Browning e David Lynch nientemeno, quindi sulla carta allettante, si è rivelato sì la visione più fuori di testa del festival, ma anche una delusione e un film definibile con un termine forse abusato ma calzante: un pasticcio. E' una sorta di horror nonsense, che gioca abbondantemente le carte dell'assurdo e del perturbante. Come accennato, i personaggi che vengono a contatto con la protagonista sono uno più matto dell'altro e fanno cose strambe, degne di un sogno o della fantasia di un fumettista surrealista. Spesso, ciò che lei vede sembra far parte di visioni, provenire da collage mentali, con personaggi che appaiono e scompaiono e passaggi spaziotemporali “liberi”.
Ma il film risulta goffo, oltre che francamente fastidioso nei ripetitivi momenti di sclero estremo della protagonista, che si mette a strillare e vede gente che sanguina dalla bocca (finché pure lei sanguina e pure gli altri strillano). Non sono migliori altre idee di riporto per fare paura, come la testa della vecchia che si muove supersonica. Non male, invece, il viaggio sul furgone, con la mdp che inquadra la carreggiata che scorre nel buio, mentre sentiamo quasi un monologo del non tranquillizzante guidatore. Se una scena come quella di una pipì che “degenera”, con quella battuta finale, non può non rivelare un umorismo consapevole, altre volte non è chiaro se le risate che sorgono sono volontarie. Il pubblico, appunto, si fa prendere da un po' di stupidera ma una volta tanto non lo si può biasimare, perché non si tratta di adolescenti che cercano di smarcarsi dalla paura di un buon horror. Si resta in sala, esclamando “mah” a ritmo regolare, sbuffando e cercando di sforzarsi nel trovare del buono. Punto più basso, una scena “disturbante”, a base di sangue e uova, che fa venir voglia di essere censori e di chiedere al “buon” Reeder quel che poi vale per tutto il film: ma cosa ti era saltato in testa?
A.V.

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