domenica 27 aprile 2008

Io c'ero. Festival ed eventi vari. DA SODOMA A HOLLYWOOD 23. CENTER STAGE


Hong Kong 1992. Di Stanley Kwan. Su dvd Tai Seng (Jap, regione 0).

Ultimo film di Kwan prima del suo coming out col documentario Yang ± Yin: Gender in Chinese Cinema, è la biografia di Ruan Lingyu, stella del cinema cinese dei primi anni 30. Una vita breve la sua: nonostante il successo, il suo legarsi ad un importante produttore in stato di "concubinaggio" alla lunga le causerà dei problemi che non sarà in grado di districare, scegliendo di togliersi la vita.
Center stage è un film curato e diligente, che però nell'illustrare il mondo del cinema a cui fa riferimento, sceglie subito una ingenua didascalicità dal quale non riesce a sollevarsi abbastanza. Non è un difetto insopportabile, visto che il cinema cinese intorno al muto non è proprio materia conosciuta, ma si fa sentire. Nel legare personaggi e contesto, il regista farà meglio col suo ultimo Everlasting regret. Va meglio nell'ultima parte, quando diventa più melò perchè esplode il dramma di lei, divisa tra due uomini ed esposta alla curiosità pubblica. Qui Kwan imbrocca bene due scarti: i saluti di lei a tavola montati in alternanza con i saluti dei conoscenti postmortem e lei che balla mentre la sua voce over dice già passi dalla lettera che, di lì a poco, scriverà come testamento (anche se questo è leggermente tirato per le lunghe).
Il film non si svolge solo sul semplice piano della ricostruzione e della vicenda di lei. C’è anche del metacinema, piccole parti in cui regista ed attori si mettono in scena in quanto tali e si dice qualcosa del film in fieri: una introduzione in cui Kwan chiede alla sua attrice se le piacerebbe essere ricordata a distanza di anni come il personaggio che sta per interpretare, lui e lei che ascoltano le parole del biografo di Ruan, oppure la scena del pianto a letto che prosegue in scioltezza con la ripresa della scena stessa sul set. Questo aspetto, comunque, cade nella spocchia quando Kwan mostra di rifare paro paro scene di alcuni film sopravvissuti della sfortunata attrice, mostrando subito dopo la scena originale. Un omaggio-dimostrazione di bravura fine a sé stesso. Lo sguardo benevolo/ammirato verso l’attrice omaggiata sembra riverberarsi anche sull'attrice protagonista, una impegnata Maggie Cheung: si veda ad esempio la scena in cui lei è lasciata in scena a ballare, morbidamente.
Alessio Vacchi

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