Warning: il seguente pezzo contiene anticipazioni sulla trama e sul finale che possono compromettere la visione a chi non conosce il film ed intende vederlo.
Nell’esporre la genesi della novella The Mist, Stephen King narra di averla concepita come uno di quei vecchi fanta-horror in b/n con mostri giganti, in voga negli anni 50. Il che dà un assaggio di quanto il regista Frank Darabont ami mantenersi fedele alla narrativa del Re: l’edizione dvd Usa del film, infatti, presenta sia la versione a colori che quella virata in bianco e nero e originariamente pensata per i fans. Del resto, The Mist è quantomai attento a rispettare lo spirito di fondo del racconto ispiratore: chi ha amato i personaggi sulla carta li troverà riproposti in maniera ammirevolmente identica, calati nelle stesse atmosfere claustrofobiche che rendono novella e film decisamente debitori del cinema fantastico di John Carpenter. Il tema dell’assedio, la medesima capacità di dosare le atmosfere dall’inquietante incipit all’esplosione dell’orrore in tutta la sua viscerale grandiosità; e naturalmente analoga concezione di un protagonista che nella sua rurale e virile semplicità incarna l’ideale dell’uomo di frontiera americano, reso celebre da tanto cinema western. A ben vedere, lo spunto di partenza ricorda parecchio un classico carpenteriano, intitolato guardacaso The Fog: la minaccia letale si nasconde in un banco di nebbia che tutto avvolge, e uno sparuto gruppo di superstiti trova rifugio in un ambiente circoscritto dove lottare per la sopravvivenza. All’iniziale gusto per le inquietudini che nascono dalla percezione di una minaccia invisibile si sostituirà ben presto il raccapriccio urlato del grand guignol, quando i mostri assetati di sangue emergeranno dalla nebbia; e qui viene in mente un altro classico di Carpenter, The Thing, per l’efficacia delle invenzioni infernali che si snodano sotto lo sguardo orripilato e affascinato dello spettatore. Tentacoli-vampiro, insetti giganti e antropofagi, enormi aracnidi dal morso letale, mutilazioni, sangue a gogò; niente ci viene risparmiato, unendo alle invenzioni gore la violenza che si scatena fra gli assediati, quando alcuni di loro accettano la guida di una fanatica religiosa che invoca sacrifici per placare l’ira delle Tenebre.
Viene in mente ovviamente anche il Lovecraft del racconto From Beyond (portato sullo schermo da Stuart Gordon negli anni 80) nel riprendere l’idea che gli abominii affrontati dalla comunità di un villaggio del Maine provengano da una dimensione parallela, le cui porte probabilmente sono state schiuse da un esperimento condotto dall’esercito (e qui Darabont rinuncia ad ogni ambiguità, facendo confessare da uno dei militari rifugiatisi nel supermarket quella verità che nel racconto era solo intuita); ma la svolta finale è completamente diversa da quella dell’ending letterario concepito da King. Viene in mente il pessimismo del finale originariamente pensato (e mai girato) da George Romero per Dawn Of The Dead, con gli unici due scampati al massacro che preferivano togliersi la vita; com’è noto zio George optò per una chiusa all’insegna dell’Ignoto ma anche della speranza, con Fran e Peter che si allontanano in elicottero verso un destino a loro oscuro, con i morti viventi ormai dilaganti sul pianeta. Che a ben vedere era il finale del racconto kinghiano, con protagonista, figlio e compagni di sventura che si allontanano in auto inseguendo una richiesta di soccorso captata per radio, in un mondo ormai preda dei mostri. Invece il film colpisce lo spettatore allo stomaco con un finale agghiacciante, all’insegna della disperazione, in cui il personaggio principale si dannerà l’anima con un gesto estremo… che forse si rivelerà inutile, dato che l’esercito è dietro l’angolo e pronto ad intervenire contro la minaccia aliena. Cosa avrà voluto dirci Darabont? Forse che l’umanità è da tempo scivolata nella follia autodistruttiva? Follia che si manifesta in tanti modi: da un esperimento scientifico che risveglia orrori al fanatismo di chi cede all’irrazionalità e all’idolatria pagana per trovare conforto di fronte ad un pericolo apparentemente inarrestabile; culminando in un gesto di autoannientamento tanto disperato quanto inaspettato, dato che proviene dall’eroe apparentemente ragionevole della vicenda in cui lo spettatore riponeva fiducia. E' forse imparentata con la medesima follia la speranza che basti l’esercito a rimettere tutto in ordine: i responsabili del disastro ora pretenderebbero di fornire una cura adatta? Medico, cura te stesso.
Corrado Artale
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