mercoledì 24 dicembre 2008

Speciale. Buon Natale, buon anno. AL CINEMA CON SANTA CLAUS



C’era una volta il cinema di Natale. Che nel Belpaese non è sempre stato monopolio dei film-panettone della premiata ditta Parenti & Vanzina (tale moda ha preso piede a partire dalla seconda metà degli anni 80; e il primo Vacanze di Natale era una commedia giovanilistica estranea alla farsa scorreggiona che pian piano avrebbe improntato gli episodi a venire della saga), anzi; se da un lato i distributori temevano la refrattarietà del pubblico nell’affollare le sale durante le feste, dall’altro cercavano di invogliarlo sfornando titoli che spaziavano un po’ fra i generi, osando talvolta accostamenti arditi considerata la ricorrenza. Certo, la commedia era il genere più battuto; ma si andava talvolta aldilà della farsa fine a sè stessa. Come dimenticare l’uscita natalizia di Amici miei atto II, di Mario Monicelli? Il trailer cinematografico insisteva sugli aspetti ridanciani; ma il pubblico in sala riviveva l’accostamento fra beffa boccaccesca e malinconia, il non prendersi mai sul serio adottato come stile di vita con la senilità e la morte. Cinema d’evasione ma non solo, dunque; e d’altro canto, il Natale non coincide con la fine di un altro anno? La malinconia quindi ha diritto di cittadinanza.
Naturalmente, il cinema natalizio si è sempre preoccupato dei più piccini; e se la Disney sfornava prodotti d’animazione a gogò, neanche il cinema con attori in carne d’ossa era da meno. Ecco che Steven Spielberg ti scodellava una favola fantascientifica come E.T., destinata a far piangere come vitelli non solo i pargoli in sala, ma anche i diffidenti genitori che li avevano accompagnati. Attenzione però: dietro le innocue baracconate stevenspielberghiane talvolta si celava uno spiritaccio irriverente tutt’altro che puerile. E’ quanto si è visto con Gremlins, altra uscita natalizia finanziata da Spielberg ma diretta da Joe Dante (e qui i cinefili avrebbero dovuto subodorare la trappola: un ex-allievo di Corman, dispettoso e dissacrante, che si dà alle fiabe natalizie?). Apparentemente commedia fantastica; in realtà satira al vetriolo di matrice vagamente dickensiana, che flirta con l’horror e regala perle di umorismo nero. E che la commedia e il favolistico a Natale potessero convivere con altri generi è ampiamente dimostrato dall’interesse del pubblico per Rambo, di Ted Kotcheff, campione d’incassi assieme ad E.T. nel Natale del 1982. Come si concilia la disinvoltura di Stallone nel maneggiare armi da fuoco ed esplosivi con le acrobazie di Santa giù per i camini? Vuoi vedere che allo spettatore di Natale piacciono pure le emozioni forti? E' significativo che all’inizio degli anni 80 i cinema italiani sotto le feste abbiano programmato un avventuroso esotico come Il grande ruggito di Marshall; apparentemente fiaba ecologista per ragazzini, ma che non disdegna di regalarci qualche brividino (giocherellone quando volete, ma un leone fa sempre un po’ paura quando vi punta) avvertendo tramite i flani pubblicitari che le belve utilizzate nel film non erano addomesticate e quindi gli attori erano un filino nervosetti sul set. Del resto, la locandina non aveva niente di rassicurante. La tradizione anglosassone ha spesso accostato il Natale alle storie macabre; chi lo dice che sotto l’albero un po’ di strizza non ci possa stare? Vorrà pur dire qualcosa che nel natale 1980 i cinema italiani abbiano inalberato orgogliosamente la locandina di Shining di Kubrick; film d’autore quanto volete, ma sempre di ghost story si tratta. E d’altronde, uno degli horror più paurosi degli anni 70 non è stato proprio il Black Christmas di Bob Clark? In verità, all’inizio degli anni 80 i circuiti di prima visione non insistevano troppo con le pellicole al sangue; probabilmente i distributori lo consideravano di cattivo gusto, pensando che il passaggio dai sentimentalismi alla Frank Capra agli psicopatici armati di mannaia potesse rivelarsi traumatico per gli spettatori. Simili problemi non sfioravano gli esercenti dei cinema di seconda visione, che durante le festività programmavano la qualunque (e magari nel giro di una settimana potevi visionare tanto l’ultima commediola con Banfi-Vitali quanto l'ultimo thrilling di Dario Argento).
Un’inversione di tendenza si è avuta a partire dalla seconda metà degli anni 80, quando la distribuzione nostrana tentò di puntare anche sul macabro popolando gli schermi natalizi di efferatezze in celluloide come Opera di Argento e Angel Heart-Ascensore per l’inferno di Alan Parker; tendenza tutto sommato restata in vigore, se pensiamo ai successi al botteghino di pellicole "natalizie" come Seven di David Fincher. E come mai gli ultimi due Cronenberg sono usciti in Italia sotto Natale? Fra un po’ dovremo preoccuparci che dal camino non scenda qualcosa di più sinistro del caro vecchio lappone in costume rosso e bianco. In fondo, perché farsi problemi di buon gusto? Se i palinsesti televisivi natalizi degli anni 80 accostavano commedie come Frankenstein Junior (tuttora sulla cresta dell’onda) a blood & gore destinati al periodo pre-epifania (rigorosamente in notturna, of course) come Creepshow di George Romero, l’avvento dell’home video e della pay-TV ha allargato la possibilità di scelta da parte dell’utente, che magari seleziona le proprie abboffate festive in celluloide basandosi su esclusivi gusti stagionali (a Natale thrilling all’italiana e post-atomici, d’estate spaghetti-western ...). Nel mio lettore dvd sotto Natale non mancano mai rimembranze cinefile come il sopracitato Black Christmas, La cosa di John Carpenter, commedie all’italiana di ogni derivazione e qualche fantasy-mitologico dei tempi che furono (fra i titoli più gettonati il Conan di John Milius e Scontro di Titani). Non chiedetemi perché.
Corrado Artale

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