domenica 9 marzo 2008

Incompresi. Comici allo sbaraglio: TROPPO SOLE


Italia 1994. Di Giuseppe Bertolucci.

Se Viva Zapatero! è l’exploit al cinema di Sabina Guzzanti, Troppo sole (bel titolo a doppio senso) è la zona d’ombra nella sua carriera, non tanto per il risultato artistico ma per la ricettività nulla del pubblico, che l’ha reso un tassello della sua attività sconosciuto ai più (sebbene anche Bimba, 2001, non abbia certo sfondato). Diretta da un regista di un certo nome, che aveva già avuto a che fare con Benigni e Paolo Rossi, la Guzzanti -anche sceneggiatrice con David Riondino- è qui protagonista assoluta di un film in cui interpreta quattordici personaggi. Quello che fa da filo conduttore è una rossa giornalista che cerca la cantante di successo Matilde, perché incaricata di fare su di essa un servizio speciale. Più o meno alla pari di Matilde come peso in scena sta il personaggio di Stella, altra cantante il cui successo manda in crisi la rivale. Intorno a queste tre figure, la Guzzanti impersona altre bizzarre creature, quali una dj, una shampoo-terapista, una bambina posseduta dal demonio in stile L’esorcista, una suora, la sorella tossicodipendente di Matilde e, caratterizzazione più riuscita, la loro madre, una grossa signora nervosa e sbraitante. Al termine fa capolino anche Luana, l’imitazione di Moana Pozzi, già scomparsa quando il film è stato distribuito. Ma non ci si aspetti un tranquillo film comico dal lineare sviluppo narrativo.
La pellicola si sviluppa in piccole scene-show con l’attrice, qualche volta sdoppiata nella stessa inquadratura, che domina incontrastata tutto il film -sono pochissime le presenze umane che non siano lei-. L’effetto è volutamente sgradevole e straniante, una galleria di personaggi grotteschi che punta più a dare modo alla Guzzanti di mostrare il suo estro rispetto al suscitare il riso, che infatti sorge di rado. Se ne può apprezzare l’originalità dovuta al non cercare di arruffianare il pubblico -le gag vere e proprie sono poche e c’è anche del sangue-, anche se risulta un po’ pesante, la provocazione nasce e muore col film e l’occhio alla lunga va all’orologio. Il personaggio della giornalista sembra quello un filo più “normale”, ma al contempo quello di Matilde, nonostante le bizze insopportabili da artista complessata, non è il più strano. Le due cantanti danno vita separatamente ad alcuni momenti musicali. Alcuni brani sono firmati da Corrado Guzzanti e nell’esibizione di Stella lei si mostra praticamente a seno nudo; da segnalare poi una parodizzazione di Edith Piaf. Se vi sembra strano che la giornalista dica di star girando uno “special” ma non si veda nessuno con una videocamera in mano a riprendere, sappiate che i conti tornano in un colpo di scena finale. Il film è da consigliare più che altro a coloro che stimano l’attrice, i quali potranno ammirarla in una prova di trasformismo al cubo: ma è un oggetto da prendere con cautela ed a vederselo in compagnia per una allegra serata si potrebbe rimanere delusi.                              Alessio Vacchi

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