domenica 9 marzo 2008

The freak show. MADMAN



Il 1981 conferma la nascita di un nuovo sottogenere dell’horror, lo slasher movie, generato dal successo di Venerdì 13 (che a sua volta aveva in Halloween di John Carpenter il proprio modello): nello stesso anno vengono sfornate almeno una ventina di pellicole che ripetono suppergiù la formula della creatura di Sean S. Cunningham, tra cui lo stesso seguito della saga di Crystal Lake (inspiegabilmente uscito da noi come L’Assassino Ti Siede Accanto), The Prowler, “The Burning” ed infine Madman, il film di cui andiamo a parlare.
Girato nello stato di New York da Joe Giannone (il quale, stando all’IMDB, non metterà mai più mano alla cinepresa fino alla morte nel 2006), la pellicola racconta dell’ennesimo campeggio per ragazzini dove, in seguito ad uno scherzo, viene evocata la letale presenza di “Madman Marz”, un irsuto fattore a cui anni addietro girò il boccino e poscia massacrò moglie e figli a colpi di scure per essere infine giustiziato dai compaesani inferociti. Né più, né meno.
A scanso di equivoci, chiarisco subito: Madman è uno dei migliori sottoprodotti del decalogo di Jason Voorhees, avente dalla sua una certa originalità (nonostante la natura derivativa) ed una buona confezione. Il film è infatti permeato da un’ intrigante atmosfera fiabesca, a cui contribuiscono considerevolmente la stazza da orco del cattivo Paul Ehlers (oggigiorno designer di stravanti lame e coltelli) e la fotografia dai colori intensi ad opera di James Lemmo (già collaboratore di Ferrara in The Driller Killer e L’Angelo della Vendetta e che poi andrà ad illuminare i primi due Maniac Cop di William Lustig). Il cast è formato interamente da sconosciuti che non brillano per nessun talento particolare. L’unico volto noto è quello della protagonista femminile, Alexis Dubin, pseudonomino sotto cui misteriosamente si nasconde la Gaylen Ross dell’immortale Zombi di George A. Romero (e che qui assomiglia un sacco alla Shelley Duvall di Shining, ma questo c’entra poco). La sceneggiatura, scritta dallo stesso regista, è il classico canovaccio che annovera parecchi degli elementi di rito del neonato genere, comprese le immancabili battutine insulse buttate lì in attesa che qualcuno venga falciato dal mostro.
Giannone di suo dirige con mano ferma ed un buon occhio per gli spazi, portando a termine in maniera diligente il proprio compito, non senza alcune belle intuizioni. La maggior parte degli omicidi è sufficientemente gocciolante, anche se le uccisioni sono spesso risolte più tramite l’ingegno e l’inventiva che non grazie ai prodigi di lattice che proprio in quegli anni stavano iniziando a farsi largo sugli schermi. Spassosa la decapitazione tramite cofano dell’immancabile auto che non ne vuole sapere di partire. Gli effetti sonori elettronici conferiscono poi al tutto un discreto fascino vintage. De segnalare anche la simpatica marcetta che funge da main theme. Inedito in Italia, per qualche anno è stato disponibile in una bella edizione DVD della Anchor Bay, ora purtroppo fuori catalogo. Chi non lo possedesse, preghi in una ristampa: ne vale la pena.  
                                                                   Emiliano Ranzani

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