domenica 10 febbraio 2008

Tra pagina e schermo. L'ACCHIAPPASOGNI


Usa/Canada/Australia 2003. Di Lawrence Kasdan. Con Morgan Freeman. Su dvd Warner.

In una sperduta località di montagna, una comitiva di amici decisi a trascorrere il week-end in una baita entra in contatto con una persona che sembra essersi perduta e mostra strani sintomi patologici. Scopriranno a loro spese che alcuni sventurati (fra i quali il degente da loro ospitato) sono stati infettati da uno strano parassita alieno, che incuba nelle viscere delle sue vittime e una volta liberatosi è in grado di estendere il contagio a macchia d’olio. Senza contare che uno dei villeggianti sembra essere stato soggiogato psichicamente dall’intelligenza extraterrestre, trasformandosi in inarrestabile macchina di distruzione; e che uno spietato ufficiale dell’esercito è deciso a contenere l’infezione con qualsiasi mezzo, anche poco ortodosso.
Adattare per lo schermo un romanzo di Stephen King è sempre un azzardo. Ci han provato in tanti, ma ricreare le atmosfere dei suoi racconti neri è arduo, il rischio è sempre quello di deludere i fans. Questo Dreamcatcher non sarebbe neanche spregevole: un fanta-horror a metà strada fra Alien e La cosa, all’insegna del grand guignol e dell’antimilitarismo, senza disdegnare rivolti fiabeschi sui temi dell’amicizia, dell’innocenza e del sacrificio. La prima parte del film funziona proprio in virtù della fedeltà al testo letterario; ma è nella seconda metà che la sceneggiatura frana di brutto. Svanisce quell’ambiguità di fondo che era alla base della simbiosi fra il parassita alieno e l’ospite umano (da chi dei due realmente provenivano le pulsioni distruttive?); il personaggio del ragazzino disabile ma in un certo qual modo in grado di vedere cose misteriose proprio grazie alla propria purezza di cuore (già deboluccio sulla carta, ammettiamolo) viene ulteriormente banalizzato, trsformandosi in una sorta di E.T. in incognito (e qui la verosimiglianza cade del tutto) destinato ad affrontare e sconfiggere (definitivamente?) l’incarnazione extraterrestre dell’Oscurità. Diveramente da quanto accadeva nel finale romanzesco, simile a quello di un altro libro dell’autore, IT: lì il mostro veniva fermato grazie al sacrificio di uno degli ex-amici d’infanzia riunitisi per affrontarlo, guidati da una non meglio precisata entità cosmica benevola (è un tema ricorrente nella narrativa dello scrittore del Maine, quello dell’infanzia perduta come talismano in grado di fugare le Tenebre). Chissà se Kasdan ha concepito il finale con sottintesi ironici? Di sicuro le somiglianze con certa fantascienza demenziale anni 50 ci sono, volute o no.
Tirate le somme, i riferimenti alla fantascienza paranoica da Guerra Fredda son più marcati nel film di quanto lo fossero nel libro; con un’aggiunta antimilitarista anch’essa più accentuata rispetto a quella romanzesca, che difficilmente avrebbe trovato posto in una sceneggiatura sf anni 50. Estremamente cruenta la prima parte, che come già detto riprende fedelmente il testo kinghiano. Pare che il film al Re sia piaciuto molto, finale compreso. Boh…                              Corrado Artale

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