lunedì 7 dicembre 2015

Festival ed eventi vari. 33 TFF, 21-29/11/2015. LA FELICITA' E' UN SISTEMA COMPLESSO

Italia 2015. Di Gianni Zanasi. In sala dal 26 novembre.

Enrico (Valerio Mastandrea) ha un lavoro più unico che raro: persuadere i manager irresponsabili a lasciare le aziende. Quando la coppia di dirigenti della multinazionale in crisi Lievi scompare improvvisamente, il delicato ingresso nel cda dei figli - il giovane, inesperto e idealista Filippo e la giovanissima Camilla – è seguito da Enrico da vicino. Questi intanto, a un livello personale ma che va a tangere anche l'aspetto lavorativo, ha a che fare con una misteriosa ragazza straniera dal nome impronunciabile che il fratello, scaricandola con irresponsabilità, gli fa trovare in casa.
A otto anni di distanza da Non pensarci Zanasi torna a un lungometraggio con un film di stile, toni e poetica riconoscibili ma al contempo con qualcosa di diverso e cambiato. La felicità... spesso sembra restio a essere una commedia. Non riesce a fingere di non essere in tempi di crisi, di aziende che rischiano, di delocalizzazioni e di persone che non capiscono che futuro avranno. Con tutto questo bello scenario, è come se ci fosse poco da essere spensierati. E il passo del film si adegua, complessivamente lento e pensoso, persino al limite della noia. Non c'è molto da ridere, sembra dirci il film; ma regolarmente lo si fa lo stesso, perché con regolarità Zanasi si affida alla consumata naturalezza comica di Mastandrea.
All'ispirazione nobile comunque non corrisponde un risultato all'altezza. Ci sono dei problemi nella faticosa presentazione dei personaggi minori, Filippo dovrebbe essere studente universitario ma ha parole e atteggiamenti da ragazzone capitato lì da chissà dove e, legato a questo, lo scontro tra ragioni del mercato e l'ingenuità ed estraneità ad esso, che dovrebbe sottolinearne la mancanza di fattore umano, è trattato in modo molle e semplicistico. Questo senza contare lo strano lavoro del protagonista e la scarsa chiarezza di quel che effettivamente fa, aspetti su cui converrebbe chiudere un occhio.
Se la freschezza solita del regista c'è meno, c'è sempre lo sguardo simpatetico e fiducioso verso i giovani, lo sfacciato gusto di girare, di muovere la macchina, di mettere in scena inserendo canzoni scelte e inserite in modo non casuale, a costo di creare sequenze al limite del fine a sé stesso o comunque non di movimento narrativo (come quella coi ragazzi in skate verso la fine). D'altronde, congruamente alla sua anima, non è qui che va cercato uno script di ferro, anzi: il film può essere paragonato a dei grandi puntini di sospensione, tantopiù alla luce di un finale -anzi, di un doppio finale, considerati i due piani, il futuro dell'azienda e il rapporto tra Enrico e la fanciulla- molto aperto e sospeso, di quelli che sicuramente il pubblico medio non gradirà. E che però, saldandosi con una memorabile sequenza di congedo sui passi di Michael Jackson (sic), ha una malinconia che resta e in cui non dovrebbe essere difficile riconoscersi.
Hadas Yaron, 25enne israeliana già vincitrice di alcuni premi, tra cui quello per l'interpretazione in Félix et Meira al TFF 2014, è ottima, bella e fresca: il suo personaggio conquista anche per la simpatica svagatezza che però talora prende in contropiede. Battiston poco rilevato.
Alessio Vacchi


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