domenica 22 novembre 2009

Io c'ero. Festival ed eventi vari. 27 TORINO FILM FESTIVAL, 13-21/11/2009. BLEEDER


Danimarca 1999. Su dvd Metrodome (Inghilterra).

Bleeder è un film che fino ad un certo punto sembra più sereno degli altri di Refn. Addirittura in partenza sembra rifarsi a Clerks, in modalità più nerdamente cinefila. E' incredibile come nel cinema del regista non ci sia nulla, neppure un istante che paia buttato lì, che sembri interlocutorio e non intenso. Anche in un film non proprio di genere, ma spiazzante ed estremamente dolceamaro come questo. Il formato è sempre panoramico, con la macchina a mano che si muove non pacifica nello spazio (quando Leo è da solo, nervoso per aver trovato la moglie in confidenza con una già mamma, sembra di vedere Pusher, l'esordio di Refn), con un utilizzo consapevole dello spazio, dei primi piani. La presentazione dei personaggi iniziale, che si fa notare come in Pusher, avviene mentre questi camminano. Dopodichè si dipanano caratteri e storie. Leo scopre che la sua donna Louise aspetta un bambino e questo non gli piace, perchè capisce che la sua vita cambierà; Lenny, cinefilo nerd che gestisce una videoteca, cerca di corteggiare con molta incertezza la cameriera Lea. In mezzo, il fratello di Louise, che giocherà un ruolo importante, sanzionatore, nel momento in cui Leo prenderà a maltrattare la donna, e meno importante Kitjo, altro lavoratore della videoteca (che poi è Zlato Buric, il boss slavo di Pusher).
C'è un discorso beffardo sulla violenza al cinema: influisce sulla realtà? O sono piuttosto due piani separati, quello della violenza su schermo, quella "da intrattenimento", e quella concreta? Perchè qui lo sclero di Leo sembra non c'entrare con le visioni "underground", estreme, tra amici, o meglio pare prendere le mosse dalla coscienza di questa distanza. La violenza cova, è nell'aria, così come il razzismo (superfluo notare che la scena al drugstore, in cui Louis parla minaccioso agli stranieri che "vogliono comandare", è traslabile anche nel nostro paese). Una volta messa in gioco la pistola di Leo, si intuisce che questa sparerà: ma come ed a chi? A qualche immigrato? Oppure sarà stupida strage? Non è scontato. Anche se la risoluzione è un pò forzata, come a voler spingere sull'estremo.
Alla fine, però, Refn concede una luce (letteralmente) di speranza, chiundendo il film proprio sulla figura del videotecaro e del suo possibile legame. Bellissime scene di solitudine, con personaggi isolati: la ragazza che si aggira e legge nella disordinatissima biblioteca, Lenny nel suo appartamento, tra ambaradan di cinema e un pasto alla buona. Memorabile anche la scena del tampinamento-corteggiamento a suon di domande di Lenny verso Lea. La padronanza del mezzo di Refn è da levarsi il cappello, tantopiù se prima dell'esordio con Pusher, come lui afferma, era un "ignorante" del cinema.
A.V.

Nessun commento: