domenica 10 maggio 2009

Io c'ero. Festival ed eventi vari. DA SODOMA A HOLLYWOOD 24, Torino, 23-30/4/2009. MACISTE ALL'INFERNO


Italia 1962. Di Riccardo Freda.

Cinema di genere italiano al festival: se due anni fa era stata proposta una selezione di western, quest'anno è toccato al peplum, che molto semplicemente si presta, dato che mette in scena aitanti maschi poco vestiti. Di questo film di Freda, quel che si ricorda solitamente è la trovata, pienamente da ingegno applicato alla serie B, della visualizzazione-riassunto che permette il riciclo di alcune sequenze di precedenti Macisti con lo stesso protagonista e nel contempo di aumentare un pò il metraggio. Vittima di macchinazioni, l'eroe ha perso di vista il suo obiettivo, la sua strada: assiste e assistiamo allora ad una proiezione, sull'acqua di una pozza, di eroiche imprese di Maciste-Kirk Morris-Adriano Bellini. Ma non è l'unico disinvolto azzardo del film: già la concezione di un Maciste che va in un luogo altro, addirittura l'inferno, è singolare, sebbene non nuova (esiste un Maciste all'inferno muto). D'altronde, lui stesso dice che sente di dover andare dove ci sono torti, per far vincere il bene, e quale luogo migliore allora... Così come folgorante è l'entrata in scena del personaggio: nudo, a cavallo, pare un corpo estraneo irrompente in un altro contesto, in un altro genere, quasi con impudenza. Altro genere perchè fin lì il film è un horror gotico eseguito con una professionalità diligente quasi stucchevole, con un'eroina smancerosa e disperata come protagonista e un bell'uomo tutto d'un pezzo che la ama.
Fortuna che al delirio di giustizia sommaria della folla si oppone la forza concreta e "giusta" di Maciste, che salva la donna dal linciaggio. La sventurata è scambiata per una strega, che in effetti proprio con lei ce l'ha e macchina per portarla al rogo. Ma Maciste decide di recarsi a fare una visitina giù, per mettere le cose a posto con le forze del male.
L'ingresso agli inferi è posto, comodamente per l'eroe, sotto un albero maledetto. A Maciste si para innanzi una visione d'insieme delle anime dannate, che si struggono. Il film pesca nella letteratura per mostrare alcune amenità del posto: c'è un vecchio condannato a sospingere un masso (prontamente aiutato dall'eroe a compiere, finalmente, l'atto), uno sventurato a cui un uccello mangia il fegato. L'eroe, che parla poco, deve affrontare una sorta di percorso a ostacoli, commentato dalla vecchia strega e dal suo signore, che gufano. E' cinema popolare, ingenuo ma al contempo non stupido, consapevole e con qualche idea, magari vietato a chi è cresciuto a pane ed effetti in CG, visto che qui la spettacolarità è un'altra: ma anche le lotte che Maciste sostiene con gli animali, un pò veri un pò finti (leone, uccello, mucche), funzionano nel cercare di tenere la tensione e fare avvertire lo sforzo del protagonista.
Maciste agli inferi incontra persino l'amore, ma è un bluff perchè si trattava della strega in sembianze di bellissima donna. L'amore spetta semmai, restituito, alla coppia: sconfitta la strega, scongiurata la condanna a morte dell'eroina, l'eroe, che non è chiaro da dove sia arrivato, se ne va verso nuove avventure, come sempre e come sarà anche, di lì a pochi anni, per i protagonisti dello spaghetti western.
Alessio Vacchi

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