Italia 2018. Di Francesco Barozzi.
Bea, a causa dei sensi di
colpa e della voglia di tornare su un passato drammatico rimasto in
sospeso, torna da fratello – Franco – e sorella – Emo – , che
sono rimasti a vivere insieme in una cascina. Il clima è cupo,
Franco le è ostile, il rapporto tra lui ed Emo non pare sano: la
causa sta in fatti familiari traumatici risalenti alla loro infanzia.
Mentre la verità ritorna fuori, Bea cerca di intervenire nella vita
degli altri due: e mal ne incoglierà a diverse persone.
Accompagnato
dall'inevitabile (?) riferimento ad ambientazioni e atmosfere
“avatiane”, il film tiene sulla sedia per via della storia
morbosa – basata su un vero fatto di cronaca di qualche anno fa –
, ma ha pochi altri pregi – forse la secchezza e suspance del
finale, quando esplode il bodycount – , e sconta una
ingenuità di confezione che lo limita in modo deciso. La
recitazione, non più che sufficiente (anche se gli attori, come tipi
fisici, sono ben scelti), è tutta sul sussurrato: va bene che non
regna un clima allegro e ci sono di mezzo segreti di famiglia, ma non
era necessario. La fotografia è scontatamente livida, raffreddata in
postproduzione in modo programmatico e monotono, come a voler dare
una linea estetica che imposti e rinforzi un clima “scuro”. Ma
soprattutto, peccato collegato e maggiore, un uso delle musiche che
come si suol dire grida vendetta, stancante e “for dummies”: che
stiamo vedendo una brutta storia è chiaro, ma perché inzupparla di
musica da thriller-horror dall'inizio alla fine, a ogni benedetta
scena, tra colpi di tamburello e soluzioni più canoniche come
svirgolate d'archi, il commento che si interrompe di colpo o che si
impenna? L'effetto è un po' frustrante, anche perché crea alcune
scene in cui ci aspetta che accada qualcosa, e invece.
Barozzi mette in scena
anche qualche vermetto di fulciana memoria, ma si sente la mancanza
di un regista più d'esperienza. È anche vero che il film non vuole essere più di quel che è, non
mostra altre ambizioni se non quella di mettere in scena una storia
malata e tragica (in modo circolare), con una violenza spesso fuori
campo ma qualche immagine macabra. Il cartello iniziale però indica
già che c'è dell'ingenuità in arrivo, col comunicarci che, a parte
i nomi dei coinvolti, il resto è “riportato” (?)
fedelmente.
A.V.
Nessun commento:
Posta un commento