domenica 9 dicembre 2018

Festival ed eventi vari. 36 TORINO FILM FESTIVAL. L'ULTIMA NOTTE


Italia 2018. Di Francesco Barozzi.

Bea, a causa dei sensi di colpa e della voglia di tornare su un passato drammatico rimasto in sospeso, torna da fratello – Franco – e sorella – Emo – , che sono rimasti a vivere insieme in una cascina. Il clima è cupo, Franco le è ostile, il rapporto tra lui ed Emo non pare sano: la causa sta in fatti familiari traumatici risalenti alla loro infanzia. Mentre la verità ritorna fuori, Bea cerca di intervenire nella vita degli altri due: e mal ne incoglierà a diverse persone.
Accompagnato dall'inevitabile (?) riferimento ad ambientazioni e atmosfere “avatiane”, il film tiene sulla sedia per via della storia morbosa – basata su un vero fatto di cronaca di qualche anno fa – , ma ha pochi altri pregi – forse la secchezza e suspance del finale, quando esplode il bodycount – , e sconta una ingenuità di confezione che lo limita in modo deciso. La recitazione, non più che sufficiente (anche se gli attori, come tipi fisici, sono ben scelti), è tutta sul sussurrato: va bene che non regna un clima allegro e ci sono di mezzo segreti di famiglia, ma non era necessario. La fotografia è scontatamente livida, raffreddata in postproduzione in modo programmatico e monotono, come a voler dare una linea estetica che imposti e rinforzi un clima “scuro”. Ma soprattutto, peccato collegato e maggiore, un uso delle musiche che come si suol dire grida vendetta, stancante e “for dummies”: che stiamo vedendo una brutta storia è chiaro, ma perché inzupparla di musica da thriller-horror dall'inizio alla fine, a ogni benedetta scena, tra colpi di tamburello e soluzioni più canoniche come svirgolate d'archi, il commento che si interrompe di colpo o che si impenna? L'effetto è un po' frustrante, anche perché crea alcune scene in cui ci aspetta che accada qualcosa, e invece.
Barozzi mette in scena anche qualche vermetto di fulciana memoria, ma si sente la mancanza di un regista più d'esperienza. È anche vero che il film non vuole essere più di quel che è, non mostra altre ambizioni se non quella di mettere in scena una storia malata e tragica (in modo circolare), con una violenza spesso fuori campo ma qualche immagine macabra. Il cartello iniziale però indica già che c'è dell'ingenuità in arrivo, col comunicarci che, a parte i nomi dei coinvolti, il resto è “riportato” (?) fedelmente.
A.V.

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