Usa 1973. Su dvd Warner.
Warning: il seguente pezzo contiene anticipazioni sulla trama e sul finale che possono compromettere la visione a chi non conosce il film ed intende vederlo.
Esprimendosi in merito alla trasposizione cinematografica del suo romanzo più famoso, William Peter Blatty ha spesso lamentato la scarsa fedeltà del film al testo ispiratore (“Io non volevo tutte quelle teste che giravano e il vomito!” dichiarava l’interessato). Eppure, tanta acredine parrebbe ingiustificata, almeno a prima vista. A parte il fatto che il romanzo era infarcito di effettacci anche più cruenti di quelli mostrati nel film, i personaggi e la trama risultano abbastanza simili; e allora, come spiegare l’ostilità di Blatty? Forse, la chiave di lettura sta nel diverso approccio dello scrittore e di Friedkin alla materia trattata. Blatty ha studiato dai Gesuiti, è un cattolico convinto ed è evidente che l’aspetto teologico della vicenda narrata lo interessava non poco; Friedkin è decisamente più provocatorio, la sua visione del Male ha un taglio più laico (in un certo senso lo spirito di The Exorcist “Friedkin version” aleggia anche nel suo Cruising, thriller metropolitano dove il Maligno può avere le fattezze banali di un maniaco omicida e arrenderesi al Peccato potrebbe risultare, in definitiva, meno rovinoso del previsto) ; e che la problematica cattolica sul tema della possessione diabolica lo toccasse poco sembra confermato dall’eliminazione, in fase di montaggio, di numerosi dialoghi sull’argomento (dialoghi recuperati della director’s cut, che per certi versi si avvicina più al progetto originario ideato da Blatty).
Svanisce l’ambiguità sul destino di Padre Karras (nel romanzo il motivo del suo suicidio è suggerito, nel film mostrato senza troppi giri di parole), quasi a confermare che la decisione di sacrificare la propria vita per salvare l’ossessa vada inquadrata, nel film, come un gesto umano più che dettato dalla fede. Non il sacrificio di Cristo sulla croce per la salvezza delle anime, ma il gesto disperato e consapevole di un uomo che aveva smarrito le proprie convinzioni e realizza quanto la salvezza di una bambina innocente possa riscattare più errori di percorso rispetto a tanti dubbi esistenziali e interrogativi destinati comunque a non trovare risposta. Un uomo d’azione, più che un mistico; un personaggio controverso e tuttavia ricco di umanità, che non si può non ammirare e forse amare (la director’s cut del film recupera il finale originario, che lasciava trasparire l’inizio di una malcelata amicizia fra il tenente Kinderman e Karras, stroncata sul nscere dalla fine prematura di quest’ultimo). In sostanza, Friedkin si trova sulla stessa lunghezza d’onda di Kinderman, nell’individuare il mistero del Male: siamo noi l’Angelo caduto, e i tentativi di arricchire la nostra vita con sentimenti puri di fronte a tanto orrore rappresentano l’estremo tentativo di ricongiungerci all’Assoluto, di trovare la pace (tale teoria viene esposta dal detective nel seguito di The Exorcist, il romanzo Legion).
Corrado Artale
Warning: il seguente pezzo contiene anticipazioni sulla trama e sul finale che possono compromettere la visione a chi non conosce il film ed intende vederlo.
Esprimendosi in merito alla trasposizione cinematografica del suo romanzo più famoso, William Peter Blatty ha spesso lamentato la scarsa fedeltà del film al testo ispiratore (“Io non volevo tutte quelle teste che giravano e il vomito!” dichiarava l’interessato). Eppure, tanta acredine parrebbe ingiustificata, almeno a prima vista. A parte il fatto che il romanzo era infarcito di effettacci anche più cruenti di quelli mostrati nel film, i personaggi e la trama risultano abbastanza simili; e allora, come spiegare l’ostilità di Blatty? Forse, la chiave di lettura sta nel diverso approccio dello scrittore e di Friedkin alla materia trattata. Blatty ha studiato dai Gesuiti, è un cattolico convinto ed è evidente che l’aspetto teologico della vicenda narrata lo interessava non poco; Friedkin è decisamente più provocatorio, la sua visione del Male ha un taglio più laico (in un certo senso lo spirito di The Exorcist “Friedkin version” aleggia anche nel suo Cruising, thriller metropolitano dove il Maligno può avere le fattezze banali di un maniaco omicida e arrenderesi al Peccato potrebbe risultare, in definitiva, meno rovinoso del previsto) ; e che la problematica cattolica sul tema della possessione diabolica lo toccasse poco sembra confermato dall’eliminazione, in fase di montaggio, di numerosi dialoghi sull’argomento (dialoghi recuperati della director’s cut, che per certi versi si avvicina più al progetto originario ideato da Blatty).
Svanisce l’ambiguità sul destino di Padre Karras (nel romanzo il motivo del suo suicidio è suggerito, nel film mostrato senza troppi giri di parole), quasi a confermare che la decisione di sacrificare la propria vita per salvare l’ossessa vada inquadrata, nel film, come un gesto umano più che dettato dalla fede. Non il sacrificio di Cristo sulla croce per la salvezza delle anime, ma il gesto disperato e consapevole di un uomo che aveva smarrito le proprie convinzioni e realizza quanto la salvezza di una bambina innocente possa riscattare più errori di percorso rispetto a tanti dubbi esistenziali e interrogativi destinati comunque a non trovare risposta. Un uomo d’azione, più che un mistico; un personaggio controverso e tuttavia ricco di umanità, che non si può non ammirare e forse amare (la director’s cut del film recupera il finale originario, che lasciava trasparire l’inizio di una malcelata amicizia fra il tenente Kinderman e Karras, stroncata sul nscere dalla fine prematura di quest’ultimo). In sostanza, Friedkin si trova sulla stessa lunghezza d’onda di Kinderman, nell’individuare il mistero del Male: siamo noi l’Angelo caduto, e i tentativi di arricchire la nostra vita con sentimenti puri di fronte a tanto orrore rappresentano l’estremo tentativo di ricongiungerci all’Assoluto, di trovare la pace (tale teoria viene esposta dal detective nel seguito di The Exorcist, il romanzo Legion).
Corrado Artale
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