domenica 26 ottobre 2014

Incompresi. Comici allo sbaraglio. GEOMETRA PRINETTI SELVAGGIAMENTE OSVALDO



















Italia 1975.

Il geometra Prinetti sbarca in un'isola caraibica per effettuare delle rilevazioni preparatorie alla costruzione di un complesso. L'impatto con l'ambiente sarà problematico e lui è interessato più che altro alle “selvagge” (come chiama le femmine locali): fatale l'incontro con una affascinante donna di colore (Raquel Ferrari, accreditata solo qui).
In coppia con il fratello Mario, il baffuto Giuseppe in arte Pippo si era già fatto conoscere in diversi programmi tv; questo risulta essere il suo secondo film, dopo Passi furtivi in una notte boia e prima di infittire le apparizioni su grande schermo dal 1979 al 1983, tra Celentanate e pellicole a episodi, che lo renderanno definitivamente un volto di caratterista noto. Ed è l'unico da protagonista. Ferdinando Baldi che dirige è invece un veterano del cinema di genere/popolare, anche se la commedia non è il genere che ha più frequentato.
Geometra Prinetti..., rititolato La selvaggia, rientra in quella schiera di titoli stuzzicantemente invisibili - “quasi ignorato da pubblico e critica-se ne ignora l'incasso-non sono state trovate recensioni” - che si potevano scoprire sui dizionari del cinema italiano Gremese. È infine emerso in rete, in una copia telecinemata guardabile ma con problemi di proporzioni, un po' sfocata (fastidiosette le scene poco illuminate) e dai titoli di coda troncati.
Il personaggio di Santonastaso è quello di un ometto la cui presunzione - che a volte lo porta ad arrabbiarsi, come quando gli sbagliano fantozzianamente il cognome - e goffaggine, unite alla modestia fisica, dovrebbero far scattare la comicità. Il suo umorismo però è per così dire minimale, le battute brevi. In una scena tenta in ogni modo di sistemarsi su un'amaca, ma riderne è difficile. Meglio l'equivoco in discoteca, quando intimidito dal barman ordina un cocktail a caso che si rivela strampalato: ma in generale le situazioni sono deboli e/o tirate per le lunghe. Santonastaso mostra una vis comica insufficiente per essere il cuore di un lungometraggio. Nonostante qualche equivoco sessuale (un travestito scambiato per donna, Prinetti che a letto viene preso per una donna) e il baccaglio della nera da parte dell'ingegnere che lo accoglie, tutto attivismo e sorrisi da Satanasso, il film è piuttosto pulito, non ha quei contenuti voyeuristici e piccanti che ci si potrebbe aspettare considerato anche in quali anni siamo: pure quando all'inizio la segretaria dell'ingegnere (Pia Giancaro) assalta l'autista mulatto, il di lei appetito è reso con una velocizzazione che lo comicizza.
Per buona parte della pellicola si stenta a considerare Santonastaso protagonista, non per le sue carenze ma perché la sceneggiatura gli dà un'attenzione intermittente, rispetto ai personaggi secondari. Lo diventa a pieno titolo quando inizia, a 2/3 circa, la lunga parte in cui si imbatte nella sua “selvaggia”. Di fronte alla donna, che si fa inseguire, lui si mette in ridicolo, in qualche modo la seduce, le spiega i suoi progetti di vita in comune e sfoggia persino l'urlo di Tarzan. Ma noi sappiamo, dalla traccia narrativa con toni seri e lirici che la riguarda, che l'uomo sta prendendo una cantonata, perché lei è una “civilizzata” che ha deciso di tornare per riprendere contatto, brevemente, coi luoghi dove è nata. La macro-sequenza con i due – che rimanda al Signor Robinson con Villaggio, coevo – è anche tenera, ma vedendola ci si domanda nuovamente se fosse il caso di girare un film con l'attore emiliano come protagonista. E spiace constatare che il personaggio del barista romano che lo importuna nell'ultima sequenza, in pochi minuti fa più ridere di lui.
Quando si pensa di aver messo a fuoco dove si sta andando a parare, ovvero in una parabolina vagamente ecologista/anticapitalista in cui un uomo d'industria venuto a modificare un ambiente scopre un mondo altro, incontaminato, cambiando idee, vita e trovando l'amore, ecco che l'incrocio di percorsi dei due personaggi, che per uno è l'aprirsi di una nuova prospettiva mentre per l'altro è una breve, cosciente parentesi, sfocia in un finale non lieto, malinconico seppur temperato dal sorriso, che un po' sorprende e dà al filmetto un poco di spessore. Questa piega contribuisce a renderlo non antipatico, per quanto trascurabile e con una certa aria di pellicola girata in vacanza.
La cosa migliore sono senza dubbio le musiche dei consueti Bixio-Frizzi-Tempera, persino degne di miglior causa, tra il tema allegro legato al protagonista e un pezzo di respiro utilizzato nelle immagini en plein air. Su Imdb e sul Gremese è accreditata Stefania Casini: ma sui titoli di testa non è citata e chi scrive, francamente, non l'ha vista.
A.V.

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