Usa 1988. Su dvd Mgm (regione 1).
Al colonello Braddock non è bastato farsi valere nella "sporca guerra" con ben due film: un motivo per tornare a far fuori musi gialli a dozzine si trova. Pazienza se la storia entra in contraddizione temporale coi Missing in Action precedenti, che vedevano il protagonista tenuto a lungo prigioniero dai nemici. Il prologo ci porta ai giorni della caduta di Saigon, con la popolazione che sciama per le strade, vandalizzando vetrine e auto ('sti incivili!), e si accalca ai cancelli americani nella speranza di venire evacuata in elicottero. Un Norris dall'espressione seria si aggira cercando la moglie con cui vuole partire, ma un equivoco gliela fa credere carbonizzata. Una dozzina di anni dopo, un missionario venuto dal Vietnam trova Braddock in un bar che non sa che cazzo fare. La moglie e il figlio avuto nel frattempo, sono vivi!, gli comunica. Dopo un'iniziale incredulità, torna sui luoghi del passato, mettendosi immediatamente contro la Cia, che lo segue fino a Bangkok, ma Chuck la leva di mezzo in un inseguimento e ci regala a rigaurdo la battuta più maschia del film, rivolta proprio a un capoccia della Cia, che lo ha avvertito, "don't step on toes": "I don't step on toes, Littlejohn, I step on necks" è la risposta. Giunto in Vietnam ritrova la moglie imbruttita dalla povertà e il ragazzino figlio suo, ma dopo il tempo dei sentimentalismi arriva quello del sadismo. Braddock infatti trova un nuovo-vecchio nemico personale in un altro mellifluo e perfido generale vietnamita, che gli vuole far pagare quanto ha fatto in guerra e dopo aver sparato la donna, lo sottopone a una tortura non indegna di Saw -tirato su a polsi legati, se tocca terra coi talloni il gesto farà partire un colpo in testa al ragazzino-. Ma nonostante la cattiveria Quoc è più macchietta del solito, tanto che lo vediamo urlare "Braddooock!!" quando si arrabbia dopo qualche "malefatta" dell'americano.
Il fatto che la guerra sia bella che finita è ormai chiaro che conta niente, perchè quel che tocca a Braddock è sempre simile, in una coazione a ripetere che è condizione per far rivivere il personaggio. Infatti, poco più avanti, farà irruzione nel campo di prigionia dove Quoc ha deportato il missionario con tutti i suoi fanciulli, liberandoli girando su sè stesso e distribuendo colpi di fuoco. Dopo essere fuggiti ed avere peregrinato nella giungla, Chuck fa spostare il suo truppone rimediando un velivolo, e qui giungiamo all'epilogo, che tocca vertici di patriottismo, esagerazione e revanscismo da rilevare. Braddock deve far passare i suoi protetti su un ponticello che collega l'ultimo avamposto viet al confine thailandese. Che i due stati in realtà non confinino sono inezie per Chuck, e d'altronde con 'sti musi gialli non è che si possano fare tanti sofismi. Braddock fa fuori i soldati del presidio, praticamente azzerando quel che rimaneva dell'esercito nemico, poi si ritrova abbracciato al figlio sotto il tiro del generale cattivo in elicottero, ma l'intervento dell'esercito Usa mette fuori gioco Quoc. Dunque, tra i bimbi che sciamano e l'esercito Usa che viene avanti festoso al ralenti, finalmente può ripartire la stucchevole canzone dell'inizio.
Se questo film non esattamente diplomatico ha un pregio, è che nonostante le parentesi sentimentali e da amico dei bambini di Norris, per il resto si perde in poche chiacchere puntando dritto all'azione e divertendo epidermicamente. Imdb segnala che Aaron Norris, fratello di Chuck, esordisce qui alla regia dopo incomprensioni tra l'attore e Joseph Zito: pensare Zito come autore scomodo fa francamente stupore. Didascalia finale "civile" che ricorda gli ancora numerosi bambini dispersi in Vietnam.
Alessio Vacchi
Nessun commento:
Posta un commento