
domenica 14 novembre 2010
The freak show. THE HOUSE OF THE DEVIL

domenica 7 novembre 2010
Io c'ero. Festival ed eventi vari. ToHorror Film Fest 2010, Torino, 20-23/10. OCCHI

Ritorno di Bianchini all’horror, dopo Radice quadrata di tre e Custodes bestiae. L’elemento perturbante di questa sua nuova fatica cinematografica è rappresentato dal tempo: qualcosa che è legato a tragici eventi del passato è pronto a fare irruzione nel presente per portare con sé orrore e morte, in una cornice che mescola arte figurativa ed esoterismo. Il plot guarda principalmente ai gotici nostrani di una volta: al centro di tutto un pittore convocato presso una sinistra dimora per il restauro di alcuni affreschi, fra funesti presagi e visioni notturne da incubo. Non mancano ovviamente gli affettuosi omaggi al genere e una certa ironia (la figura del custode della villa, testimone di strani fenomeni che non viene creduto poiché la sua mente è minata dalla follia); e fra i modelli ispiratori della sceneggiatura possiamo senz’altro annoverare M. R. James per la capacità sottile di evocare presenze spettrali e impalpabili e H. P. Lovecraft per le atmosfere putride e malsane. Fantasmi, allucinazioni, rumori notturni; e il protagonista che scivola sempre di più nella pazzia, mentre le barriere del tempo vengono infrante. Una terribile malattia che mina il corpo e la psiche avrà ragione di lui, com’era già avvenuto per i precedenti ospiti della villa; e naturalmente non può non tornare in mente quel classico letterario che è La maschera della morte rossa di E. A. Poe. Anche stavolta la pestilenza ha origini probabilmente naturali ma diventa strumento di un’imperscrutabile volontà superiore, sorta di flagello biblico destinato ad affrettare l’avvento dell’Apocalisse. Malattia del fisico e dell’anima, marciume interiore da cui nessuno è immune che affiora esternamente sotto forma di infezione; estinzione della materia e della speranza. Abilissimo nel costruire plot efficaci coi pochi mezzi a sua disposizione, Bianchini confeziona una ghost story inquietante e lontana dagli effettacci, il cui punto debole risiede forse in uno svolgimento un po’ statico anche se, dati gli intenti, contribuisce comunque a creare l’atmosfera giusta.
Corrado Artale
Focus on. Steven Seagal: PROGRAMMATO PER UCCIDERE

Programmato per uccidere è ricco di momenti esaltanti: l’intrusione dei cattivoni in casa della sorella del poliziotto, l’irruzione nel covo dei trafficanti, lo scontro all’arma bianca con Screwface, i combattimenti con gli spacciatori che finiscono immancabilmente con ossa sonoramente spezzate e la fuga dalla villa di proprietà dei narcos, vero tripudio di proiettili e di corpi dilaniati. Ma il momento migliore è il prologo, ambientato in un bordello messicano che odora di corpi e sudore. Seagal si appresta a effettuare uno scambio di droga sotto copertura, ma viene scoperto. Le parole lasciano il posto ai fucili a pompa e non c’è pietà per nessuno, rimane solo istinto di sopravvivenza. I fatiscenti corridoi del lupanare diventano un letale tunnel dell’orrore, da cui è possibile uscire solo grazie ai proiettili. Un incipit perfetto che anticipa le qualità altamente adrenaliniche del film. La regia di Dwight H. Little è sorprendentemente accurata, in grado di esaltare i momenti action e di costruire una forte tensione nelle scene thriller. Il background horror dell’autore (aveva diretto Halloween 4 e Il fantasma dell’opera con Robert Englund) viene fuori nei toni dark e semihorror dati dal mondo della magia nera e si esplicita nella scena in cui sono contrapposti a distanza una santera e il malefico Screwface.