domenica 14 giugno 2009

Io c'ero. Festival ed eventi vari. UDINE FAR EAST FILM 11, 24/4-2/5.




Come ogni anno, da ormai undici anni, Udine porta ad Oriente. E quest’anno uno spaghetto magico ha collegato, nel trailer che precede ogni pellicola, l’italiano medio della pasta col parmigiano alla dolce orientale armata di bacchette. Due pupazzi che sanciscono con il loro bacio l’amore che l’Italia dimostra per la cinematografia del lontano oriente. E la mole di cinefiles, giunti da molte parti del mondo ne sono la riprova. Nove giorni di proiezioni, per un totale di 56 pellicole, provenienti da 9 paesi partecipanti. Il Far East Film Festival è soprattutto questo, un festival popolare che si differenzia dalle altre kermesse per l'assenza di una giuria professionale: ogni spettatore ha la possibilità di esprimere la propria preferenza al termine di ogni proiezione, per mezzo di schede voto distribuite all'ingresso in sala. Aggiunto da quest’anno il My Movies Audience Award, premio assegnato dalla popolazione cinefila di internet tramite il sito www.mymovies.it.
Il paese ad aprire il festival la sera del 24 aprile è la Thailandia, con uno dei suoi film sulla tecnica di combattimento Muay Thai, tipologia di action-film molto apprezzato soprattutto in occidente. Evento speciale va considerata la proiezione dell’ultima opera dell’amatissimo Miike Takashi: Yatterman. Divertente e rumoroso, ricchissimo di effetti speciali, farcito di cultura pop anni Settanta, con colori psichedelici e gag dai riferimenti sessuali, mix di cartoon, fumetto e pellicola fantasy sui supereroi, il film riprende e ricostruisce con cura e precisione il fortunato e famoso anime trasmesso in Giappone dal 1977, e giunto in Italia all’inizio degli anni Ottanta. Il Giappone è stato il paese a presentarsi al festival con più pellicole. Tra i film degni di nota si colloca il nuovo lavoro del regista di commedie Miki Satoshi (protagonista dello speciale focus on della decima edizione del Far East), Instant Swamp, storia di una ragazza alla ricerca del padre e il suo viaggio tra le stranezze del Giappone. Love Exposure è un altro film che ha lasciato il segno, anche e soprattutto in virtù dei suoi 237 minuti di durata: lunga esposizione ironica sull’amore e sulla religione, satira sui fanatismi, le assurdità e le contraddizioni di una società quale si presenta quella giapponese del Ventunesimo secolo. Nonostante la durata di quattro ore, la pellicola è stata seguita con entusiasmo e molto applaudita, con la sua storia d’amore tra due adolescenti circondati dal mondo del Cristianesimo e delle sette religiose. One Million Yen Girl è invece il road movie al femminile che ha vinto il My Movies Audience Award.
In perfetto equilibrio tra dramma e commedia è il film vincitore di questa edizione, nonché vincitore nel 2009 dell’Oscar come Miglior Film Straniero. Stiamo parlando di Departures, storia di un giovane violoncellista disoccupato che diventa nokanshi, un professionista del rito di vestizione della salma e deposizione nella bara. Racconto di morte ma soprattutto di amore, della ricerca dell’amore nel prossimo e della manifestazione dell’amore per il mondo, per la vita e per gli esseri umani. La cinematografia coreana, una delle più prolifiche e amate, dal 2007 ha subito un lento declino, con mancanza di idee e ripetitività nei prodotti, dimostrando però di poter risalire la china con una serie di film decisamente brillanti. Applauditissima, tanto da far pensare che avrebbe vinto il festival, e arrivata invece sul secondo gradino del podio, è stata la pellicola Scandal Makers, opera prima di un giovane regista sud coreano, bellissima ed esilarante commedia dai toni screwball. I punti di forza di questo film sono sicuramente i dialoghi brillanti, la perfezione dei tempi comici e un buon cast di attori ben diretti, tra cui il bravissimo attore bambino Wang Seok-hyun, che da del filo da torcere ai colleghi veterani rubando spesso loro la scena con gag esilaranti e dall’esecuzione perfetta.
La Corea del Sud si è anche cimentata in un bizzarro omaggio a Sergio Leone con il "rifacimento" di quello che è considerato il film più amato del creatore dello spaghetti-western: Il buono, il brutto, il cattivo. Tecnicamente complesso e ricco di effetti speciali, The Good, the Bad, the Weird porta agli eccessi certe scene e tematiche di Leone, come la famosa scena finale del duello tra i tre personaggi, e la sceneggiatura risulta debole in più punti, anche se è innegabile la fascinazione creata dalle spettacolari scene di sparatorie collettive e da un uso sapiente della fotografia. The Accidental Gangster, singolare patchwork di generi che purtroppo non si è guadagnato l’amore che avrebbe meritato nella patria Corea. Ambientato nel 1724, è un mix di commedia, storia d’amore, film storico e racconto di redenzione, con tanto di apertura e chiusura fumettistica del film fatta in computer graphic, una colonna sonora moderna, una ricercatezza nella scenografia e nei costumi, e una voluta e totale mancanza di fedeltà nella riproduzione della Corea del XVIII secolo.
La Cina si presenta, tra i vari film, con una piacevole sorpresa, il regista Cao Baoping, che porta al Far East i suoi due lavori: Trouble Makers, pellicola di chiusura dell’intero festival, e The Equation of Love and Death. Trouble Makers è da considerare un vero e proprio evento, poiché ci sono voluti quattro anni perché la censura cinematografica cinese approvasse la sceneggiatura del film, una black comedy che parla di corruzione, politica, sesso e violenza. Totalmente diverso il suo secondo film, tragicommedia del 2008, che dal titolo fa intendere lo stretto legame che intercorre tra amore, morte e i numeri. E i numeri che la protagonista di The Equation of Love and Death elenca in continuazione sono i numeri della sua felicità e della sua infelicità, del suo amore perduto che rincorre e trova, per poi perderlo per sempre alla fine del film.
Infine l’Horror Day, tenutosi il 29 aprile, è forse stata tra le giornate più attese del festival, con spettatori pronti alla maratona cinematografica di quasi sedici ore. A farla da padrona è stata senza dubbio la Thailandia, con ben tre pellicole su sette, seguita da due film indonesiani, e infine da Singapore e dalla Corea del Sud. La cinematografia orientale è un vulcano di idee in continua ebollizione, e la bellezza delle pellicole che ogni anno vengono presentate al Far East Film Festival risiede sicuramente nel potere di stupire e sorprendere anche lo spettatore più allenato. Per questo motivo il festival di Udine è meta di un numero sempre crescente di spettatori. Purtroppo la quasi totalità di questi film non raggiungerà mai il circuito commerciale internazionale, e rimarranno inevitabilmente per noi occidentali delle opere inesistenti. C’è da sperare che l’Oriente si faccia prima o poi strada nel tentativo di ridimensionare l’egemonia della cinematografia occidentale, che troppo spesso la fa da padrona.
Roberta Castagneri


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